Le sviste sono la mia specialità, da sempre.
Lo ammetto: non ho mai brillato per spirito di osservazione, sarà per la mia perenne tendenza a tener la mente distratta con pensieri d’ogni sorta.
Fatto sta che vanto delle sviste memorabili.
Per esempio, ricordo quando ai tempi del liceo, mentre stavo andando agli uffici postali, mi sono imbattuta in un vigile, amico di mio padre. Non era in servizio ed eravamo nella stessa fila, così l’ho salutato parlandogli del più e del meno, ma era piuttosto taciturno e poco incline alla conversazione. Uscita dall’edificio, però, ho avuto modo di comprenderne la scarsa loquacità e l’espressione piuttosto turbata, poiché mi son ritrovata dinanzi il vero vigile, stavolta in divisa…
Ne potrei elencare altre, ma quella di oggi merita il podio.
Ero in auto di rientro da Napoli. Con me c’era mia madre e, alla guida, mio cugino Francesco. A un certo punto, ho ricordato di dover caricare il credito del cellulare, così ci siamo fermati al volo in un autogrill.
Piovigginava.
“Non prendi l’ombrello? Piove” ha esclamato Francesco, mentre mia madre tentava di passarmi un ombrellino dalla sua seduta posteriore.
“No, tanto piove poco e sarò veloce” ho risposto io, fiondandomi nell’autogrill.
Quando piove poco, munirsi di ombrello è più un impiccio che altro, pensavo tra me.
In autogrill, però, c’era un bel po’ di gente e ho perso più tempo del dovuto.
Fuori, intanto, si era scatenato un cataclisma d’acqua. Una volta uscita dalla stazione di servizio, dinanzi a me c’erano tante auto, tutte uguali, celate com’erano dai vapori della pioggia e dalle luci abbaglianti dei fanali. Avvistata la vettura nera di mio cugino, ho posizionato la mia big bag sul capo per non bagnarmi troppo e sono schizzata come un razzo.
Ho aperto la portiera e mi sono catapultata alla seduta anteriore, oramai bagnata fradicia.
“Avevi ragione, dovevo portarmi l’ombrello! Adesso ti sto anche bagnando tutta la macchina…” ho esclamato, rivolgendomi a mio cugino.
Ma l’uomo seduto di fianco a me non era Francesco.
Ebbene sì, sono entrata in un’altra auto, ovviamente con conducente a bordo. Chissà, probabilmente stava attendendo qualcuno sceso in autogrill per un servizio veloce.
Quindi, non solo la svista dell’auto, ma anche la capacità di capitare in un’auto non vuota.
Quando mi sono resa conto della super gaffe, volevo scomparire, anche perché l’uomo al volante mi guardava come se fossi un’aliena.
“Scu…scusi, ho sbagliato macchina…” ho blaterato tra i denti, per poi darmi alla fuga.
Francesco e mia madre, intanto, erano giusto a pochi metri a godersi l’esilarante gag in modalità drive-in.
Per tutto il viaggio di ritorno non abbiam fatto altro che ridere…
A volte basta poco per rendere più allegro un grigio pomeriggio di pioggia!
M.C.