La pittura vascolare greca costituisce una preziosa fonte di conoscenze utili a delineare la coeva pittura murale e da cavalletto, di cui purtroppo non sono rinvenute testimonianze.
Le fonti storiche del tempo narrano di rinomati pittori, quali Polignòto di Taso, Zèusi di Eraclea e Apèlle di Colofòne. Le loro opere vengono descritte come raffinati esempi di narrazioni complesse e ben articolate, ma per averne un’idea, possiamo avvalerci soltanto delle immagini dipinte sulla terracotta.
L’abbondanza dei rinvenimenti di manufatti in ceramica dipinta si spiega con la forte vocazione commerciale e la spiccata definizione di questo settore, così fiorente e ben organizzato. Dalle botteghe più note i vasi vengono infatti esportati anche oltre i confini greci.
Rispetto alla decorazione essenzialmente geometrica e astratta delle ceramiche risalenti al Periodo di Formazione, in analogia a quanto accade al contempo nell’arte scultorea, si passa a un’iconografia sempre più complessa e legata alla figura umana, inserita in scene di vita quotidiana, ma più spesso in narrazioni mitologiche.
Evolve, inoltre, la tecnica adoperata. Nel VI secolo a.C. nasce la decorazione a figure nere consistente nel dipingere le figure con una particolare vernice nera che, una volta cotta, assume una consistenza più lucida ponendosi in contrasto con lo sfondo lasciato del colore rosso-brunastro della terracotta. Prima della cottura, le parti verniciate di nero vengono graffite con un sottile stilo(**), che scopre in negativo il colore del fondo sottostante facendo così ricavare contorni, dettagli e decorazioni. A volte, alla bicromia nera e rossa si aggiungono tinte bianche e violacee con un effetto di gran vivacità.
Tra i ceramografi più noti vanno ricordati Sophilos, il pittore di Amasis, Kleitias ed Exechias.
Della produzione di Kleitias, vissuto nella prima metà del VI secolo a.C., segnalo in particolare il noto Vaso Francois, che prende nome dall’archeologo che lo scoprì, nel 1844, in una tomba etrusca presso Chiusi.
Si tratta di un grandioso cratere(*), unico per forma, dimensioni e decorazione. Nonostante sia stato ricomposto e sottoposto a un lungo intervento di restauro, il vaso si presenta ben leggibile.
Le scene, tratte dal repertorio epico e mitologico della tradizione greca, sono di ampio respiro e si distinguono per freschezza narrativa e qualità esecutiva, rivelando anche una gran vitalità.
Notevoli appaiono anche la resa degli stati d’animo e la meticolosa cura dei dettagli. Tuttavia, proprio quest’ultimo aspetto segna anche un limite dell’opera, in quanto la pedante descrizione dei particolari non è supportata da una valida organizzazione nella visione dell’insieme. Ne deriva una raffigurazione ben dettagliata, ma priva di monumentalismo, nonostante le considerevoli dimensioni del manufatto.
Qualche decennio dopo, intorno alla seconda metà del VI secolo a.C., risulta attivo Exechias, il quale si distingue per la straordinaria capacità di conferire equilibrio compositivo e intensità drammatica ai suoi lavori, tra i quali segnalo le due celebri anfore(*) con Aiace sulla riva del mare e con Achille e Aiace che giocano ai dadi (*).
Intorno al 530 a.C., con l’introduzione della decorazione a “figure rosse” si verifica un’importante svolta nell’evoluzione della ceramica. In realtà, il passaggio dalla precedente tecnica avviene in modo graduale e nei primi tempi, in molte botteghe, si continua a privilegiare la decorazione a figure nere oppure si tende a operare con entrambe le procedure in uno stesso vaso.
La nuova metodologia consiste nel dipingere di nero lo sfondo lasciando le figure del colore rosso-brunastro della terracotta. In tal modo, i particolari e i decori non vengono più incisi, ma dipinti con sottili linee rosse e nere e ciò consente ovviamente maggiori effetti cromatici e più accuratezza nella definizione lineare.
I vantaggi sono dunque notevoli e si possono cogliere nella cura dei particolari, come nella raffinata resa cromatica, nel sapiente dosaggio chiaroscurale e nei passaggi luministici.
Tra i ceramisti praticanti questa tecnica, spiccano il Pittore di Kleophrades ed Euphronios.
Quest’ultimo attinge da un vasto repertorio iconografico reso con grande abilità disegnativa e pittorica. Tra le sue opere, menziono il celebre cratere a calice con la Lotta di Eracle e Anteo, in cui l’episodio mitologico è descritto attraverso una regia compositiva armoniosa ed equilibrata, con un sapiente bilanciamento tra le parti rosse e quelle nere.
Mariaelena Castellano
IMPARIAMO I TERMINI
(*) CERAMOGRAFIA: Tecnica della pittura e della decorazione dei vasi.
(**) STILO: Utensile appuntito utilizzato per ottenere un segno nitido.
DENTRO L'OPERA
“ACHILLE E AIACE CHE GIOCANO AI DADI” Exechias, Anfora , 520-525 a.C., altezza 62 cm, città del Vaticano, Museo Etrusco-Gregoriano.
L’anfora a figure nere con la scena mitologica di “Achille e Aiace che giocano ai dadi” è una delle opere più conosciute del ceramografo attico Exechias, artista abile e capace di elevare la tecnica a figure nere a risultati di gran qualità.
La scena si avvale di un notevole equilibrio compositivo, fondato su un sapiente inserimento delle figure nello spazio curvilineo del vaso. L’artista, infatti, crea un effetto di corrispondenza tra le parti dipinte e il supporto ceramico: i personaggi si adattano alla forma panciuta dell’anfora e anche gli scudi adagiati ai lati seguono la circolarità del manufatto.
Protagonisti dell’immagine sono gli eroi omerici Achille e Aiace, raffigurati mentre giocano ai dadi nell’accampamento militare.
Nonostante siano impegnati in un’attività ludica, indossano comunque l’armatura; Achille, a sinistra, porta ancora l’elmo piumato. La presenza degli scudi e delle lance contribuisce a inserire il momento di svago nella dimensione bellica, suggerita anche dalla greve solennità e dalla tensione emotiva, che si percepiscono grazie alla maestria di Exechias.
Le figure sono ancora scandite da un’impostazione geometrizzante, stemperata, però, dalla vivacità dei gesti. Il segno è nitido e conciso, con una conseguente accuratezza nella definizione delle forme e una raffinata resa dei dettagli.
PER SAPERNE DI PIÙ …
TIPOLOGIE DI VASI GRECI
Sin dagli inizi, in Grecia, l’artigianato fittile (ossia modellato in terracotta, dal latino fingere, modellare) assume ampia risonanza, grazie anche al fatto che l’argilla è una materia prima facilmente reperibile, di basso costo e di semplice lavorabilità. Ciò ha reso possibile una vasta produzione di vasi che per le differenti forme, dimensioni e destinazioni d’uso si distinguono con denominazioni diverse.
Le forme dei vasi si stabiliscono tenendo conto di quei principi canonici di equilibrio e armonia; pertanto, una volta fissate, si mantengono inalterate nel tempo. In questa lezione ho menzionato le tipologie, particolarmente diffuse, del cratere e dell’anfora. di cui risultano più varianti.
Il cratere è un grande recipiente tondeggiante a bocca larga, dotato di due anse corte e simmetriche; veniva utilizzato per mescolare acqua e vino, da cui si attingeva con recipienti minori durante i banchetti.
L’anfora presenta due anse impostate su collo e spalla, corpo panciuto allungato, strozzatura al piede e al collo; veniva impiegata nell’antichità per il trasporto di vino, olio e altri liquidi, ma anche per sfarinati e solidi.
Tra gli altri esemplari vascolari più noti: l’Olpe e il Rhytòn, dotati di un’unica ansa verticale; il Kylix, con bocca larga su un alto piede, destinato alle bevande servite durante i banchetti; l’Hydria, adoperata per contenere acqua, nonché come urna o come contenitore di voti durante le assemblee, presenta grandi dimensioni, collo ben distinto dal corpo e tre manici (due per il trasporto e uno per il versamento dell’acqua); l’Ariballon, contenente oli profumati, è privo di distinzione tra spalla e pancia, con collo corto e stretto, e ampio orlo su cui si imposta l’unica ansa; l’Oinochoe, simile a una brocca, usato per versare vino o acqua, presenta corpo ovale, abbastanza allungato, e ansa unica; infine, il Kantharos, una coppa per bere, dotata di due alte anse verticali, sviluppate oltre l’orlo.
VISITIAMO!
TESTIMONIANZE DI PITTURA VASCOLARE GRECA A VICO EQUENSE
Dalle campagne di scavo del territorio sono emersi numerosi reperti vascolari di manifattura greca, oggi sparsi tra collezioni private e musei locali.
In particolare, menziono il Museo dell’Antiquarium “Silio Italico” di Vico Equense, ubicato nel Palazzo Municipale, dove sono custodite testimonianze provenienti da una necropoli e riferibili a un vasto lasso cronologico, che va dal VII secolo a.C. fino all’età romana.
Tra il materiale esposto in otto vetrine distribuite in tre sale, figurano anche esempi di ceramografia a figure nere e rosse, fondamentale documentazione della presenza di influssi pittorici greci nel nostro territorio.
Condividerò il post coon i miei followers di Twitter
Grazie!