Per “Scuola di Parigi” s’intende quel vasto raggruppamento di artisti giunti da tutta Europa nella capitale francese, tra il primo e il secondo decennio del Novecento.
Non si tratta di una scuola nel senso letterale del termine, né di un movimento, giacché questa denominazione si riferisce a personalità non accomunate da scelte stilistiche o iconografiche, piuttosto da intenti e ideologie.
Gli artisti della Scuola di Parigi, esuli e in condizioni di povertà, scelgono la città della Senna come patria eletta, attratti dalla sua feconda cosmopolita vivacità culturale. Condividono luoghi e locali tra i quartieri di Montmartre e Montparnasse e attraverso la loro arte coltivano sogni e speranze. Ognuno di essi porta avanti un proprio singolare percorso, spesso ispirato ai coevi linguaggi avanguardisti e nutrito dall’esigenza di modernità.
Si tratta, dunque, di voci isolate, che con la loro spiccata originalità contribuiscono al grande fermento innovativo di quegli anni. Tra gli artisti più noti di quella che può definirsi una corrente di pensiero, figurano Marc Chagall, Amedeo Modigliani e Costantin Brancusi.
Il linguaggio del pittore russo Marc Chagall (1887-1985) risente degli influssi espressionisti e cubisti, calati in una dimensione onirica e fiabesca.
I suoi soggetti, tratti dalla tradizione rurale della sua terra di provenienza, concorrono alla resa di un’atmosfera suggestiva, dove le figure rappresentate fluttuano come sospese in una visione magica, rarefatta, svelata anche dalla brillantezza dei colori e dalla fantasia compositiva dell’impulso creativo.
A Parigi approda anche il livornese Amedeo Modigliani (1884-1920), formatosi nel solco della tradizione artistica italiana, poi interpretata in modo inedito, attraverso le suggestioni tribali dell’arte africana e il lirismo dell’arte cicladica.
Scultore e pittore, Modigliani cerca l’essenzialità della forma pura e perviene a un linguaggio fortemente stilizzato, dal gran fascino evocativo.
Egli predilige il genere del ritratto e le sue figure, dalla caratteristica forma allungata, sono indagate nella loro interiorità, denudate da una ricerca formale tutta in divenire.
In questa raffinata visione, gli occhi sono dipinti senza pupille, probabilmente proprio per enfatizzare il desiderio di guardare dentro la persona, di superarne i limiti della fisicità, per entrare nella sua anima. Un’eccezione è nel ritratto di sua moglie, Jeanne Hebuterne, dipinta con le pupille, come a evidenziare la conoscenza della donna, con cui condivide una storia tormentata, nelle ristrettezze della povertà e nelle difficoltà della malattia.
Modigliani incarna il mito dell’artista maledetto: malato di tubercolosi, aggrava le sue precarie condizioni di salute per l’uso di alcool e droghe e si spegne ad appena trentasei anni. Il giorno dopo la sua morte, in attesa del loro secondo figlio, sua moglie Jeanne si suicida.
Lo scultore rumeno Constantin Brancusi (1876-1957) condivide con Modigliani la ricerca della purezza essenziale della forma. Egli punta alla semplicità attraverso una radicale stilizzazione geometrica, per penetrare così nel vero senso delle cose.
Per l’artista ciò che appare semplice in realtà cela una sintesi complessa.
Si osservi “Il bacio” (1907-08), scultura ricavata da un blocco di pietra dalla forma cubica. L’opera è appena sbozzata, i due amanti stretti in un abbraccio hanno i tratti appena accennati, ma l’immagine comunica una forte intensità emotiva.
Mariaelena Castellano