La gran disponibilità di cave del territorio egizio consente un’ampia affermazione della scultura litica: calcare, alabastro, diorite, arenaria, basalto e granito sono tra i materiali più impiegati per modellare statue e rilievi.
Le opere vengono spesso ricoperte di gesso e poi dipinte per intero o soltanto in alcuni dettagli.
Bassorilievi e incisioni ornano tombe e templi con raffinate raffigurazioni di faraoni, divinità e scene di vita quotidiana, dotate di una vivace vena narrativa.
Spesso le immagini vengono corredate anche da iscrizioni geroglifiche e, nelle fasi più antiche, presentano cromie piuttosto vivaci e accese.
Del resto, queste tipologie di opere scultoree mostrano caratteristiche molto vicine ai dipinti del tempo, quali la rigidità formale e la visione combinata dei canoni rappresentativi della figura umana. Tuttavia, rispetto alla pittura, nei decori scultorei si riscontra spesso una maggiore attenzione ai dati realistici.
Tra i reperti più interessanti segnalo i bassorilievi della tomba di Horemheb, a Saqqara.
Quanto alla scultura a tutto tondo, essa è particolarmente apprezzata dagli Egizi e si avvale di una costante sperimentazione dei più disparati materiali.
Le statue hanno un aspetto imponente e presentano un’austera rigidità formale, caratteristiche spesso finalizzate a un compito ben preciso: quello di reincarnare i defunti attraverso la convinzione che realtà e rappresentazione della realtà coincidano.
Il faraone estinto per esempio, potrà continuare a vivere nel proprio simulacro.
Pertanto, gli scultori indicano il nome del defunto sovrano effigiato e ne raffigurano anche attributi e simboli di potere atti a rivelarne l’identità, senza chiamare in causa una somiglianza di tipo ritrattistico. Quel che conta, piuttosto, è mostrarne un atteggiamento fiero e autorevole, espresso nelle due pose convenzionali del faraone assiso in trono o a figura stante, cioè in piedi. In entrambi i casi, la rigida schematizzazione formale esprime un’aura di maestosa solennità: le braccia sono affiancate, il capo è ritto e, nel caso della posa a figura stante, una gamba è leggermente avanzata, come a indicare il severo incedere del passo regale.
Questa concezione s’inserisce nei culti religiosi degli Egizi, che credono fermamente in una vita dopo la morte. Secondo tale pensiero, un corpo per rinascere deve restare integro.
Da ciò si può anche comprendere la pratica della mummificazione(*) delle salme, poiché i cadaveri imbalsamati assolvono alla medesima funzione delle statue funerarie, forniscono cioè un corpo integro, necessario al defunto per la sua esistenza ultraterrena.
Tra le più rinomate sculture egizie, si ricordano il gruppo in basalto di Micerino in compagnia della moglie (2520 ca a.C.) e la statua in diorite di Re Thutmosi III (XV sec a.C.).
Accanto alla statuaria ufficiale, destinata ai faraoni e alle classi sociali più elevate, esiste un filone minore, anch’esso di vocazione prettamente funeraria, in quanto riservato al corredo del defunto. Si tratta perlopiù di piccole statuette in calcare e legno, caratterizzate da un maggior realismo e da una spiccata freschezza narrativa.
Una parentesi d’eccezione si ha, poi, con il regno del faraone Akhenaton (1.367-1350 a.C.), in cui anche l’arte ufficiale è investita da un’inconsueta volontà di aderire agli aspetti più realistici, in concomitanza con il carattere concreto di questo sovrano, artefice di una riforma religiosa di tipo monoteista. Ne è chiaro esempio il celebre busto della regina Nefertiti(*), la sposa di Akhenaton.
Mariaelena Castellano
PER SAPERNE DI PIU'
(*) LE MUMMIE
Per gli Egizi l’anima del defunto è destinata a una nuova vita, eterna. Per accedere a questa possibilità, essa deve presentarsi al cospetto del dio Osiride con il corpo intatto: solo in questo modo potrà migrare a nuova esistenza.
Se in teoria l’accesso all’Oltretomba è consentito a tutti, nella pratica non è così, poiché questa possibilità è riservata soltanto a quanti dispongono del denaro necessario per provvedere alla conservazione della propria salma, attraverso il processo di mummificazione.
Si tratta di un intervento distinto in più fasi, a cui sono preposte figure esperte.
Innanzitutto, per evitare la decomposizione, occorre eliminare tutta l’acqua possibile dal corpo, che viene aperto e svuotato delle interiora, dei tessuti molli e dei liquidi; quindi, dopo essere stato lavato con cura, lo si lascia asciugare, cosparso di sali, per quaranta giorni. Il passo successivo consiste nel riempire il cadavere svuotato con tele ed erbe aromatiche, per poi cospargerlo di oli e resine (i primi per contrastare l’umidità, le seconde con funzione antibatterica). Infine, prima di essere deposto nella bara, il corpo viene avvolto dalle bende di lino e assume il caratteristico aspetto della mummia. Spesso, in caso di faraoni o di personaggi in vista, le bare vengono collocate in sarcofagi impreziositi da decorazioni. Accanto alla mummia si depongono oggetti di valore e il cosiddetto libro dei morti, un testo contenente formule magiche per affrontare il difficile viaggio nell’al di là.
DENTRO L'OPERA
(*) IL BUSTO DELLA REGINA NEFERTITI (1340 a.C. ca – pietra calcarea dipinta – Staatliche Museen, Berlino)
Il busto della regina Nefertiti rappresenta uno straordinario esempio di raffigurazione femminile nell’arte egizia.
L’opera risale all’incirca al 1345 a.C. e, in linea con il particolare gusto artistico diffusosi in quegli anni, mostra una maggiore tendenza realistica, ravvisabile nell’attenzione al dato psicologico e nella verosimiglianza del volto.
L’effetto dell’incarnato, ben reso dagli intensi effetti chiaroscurali, si accompagna a un’accurata attenzione dei particolari: gli occhi espressivi e le sopracciglia enfatizzate dalla linea del trucco, secondo la moda del tempo; le labbra morbide e ben definite; la rigorosa impostazione della linea del profilo. Anche l’alto copricapo regale e il lungo e sinuoso collo sono armonizzati nell’insieme, con un effetto di raffinata naturalezza.
L’elegante regina, il cui nome significa “la bella è arrivata”, doveva essere una donna dotata di gran bellezza. Il suo ritratto ci rivela un volto dalla ricercata aura signorile, dotato di un’espressione austera e regale e, al tempo stesso, intrisa di dolcezza.
VISITIAMO!
UN PO’ D’EGITTO ANCHE AL MUSEO CORREALE DI SORRENTO …
Nella sala 3, al pianterreno del Museo Correale di Sorrento, tra i vari reperti archeologici custoditi, figura anche la parte inferiore di una statua egiziana in basalto. L’opera, proveniente dal tempio di Osiride ad Abido, risale a un periodo compreso probabilmente tra il 1300 e il 1290 a.C. e raffigurava il faraone Seti I, appartenente alla XIX dinastia, inginocchiato ed offerente al dio Osiride. La scultura faceva parte di un gruppo di tre. Le altre due si trovano l’una, in frammenti, al Museum of Art di Dallas e l’altra al Metropolitan Museum di New York.
LA SEZIONE EGIZIA DEL MUSEO ARCHEOLOGICO DI NAPOLI Il piano seminterrato del rinomato Museo partenopeo ospita la Collezione Egizia, tra le più antiche in Europa, allestita sin dagli inizi del XIX secolo.
Le opere esposte provengono sia da collezioni private, sia dagli scavi borbonici condotti nei paesi vesuviani e nell’area flegrea. Si possono ammirare, in particolare, quattro mummie umane e una di coccodrillo; vasi, gioielli, amuleti, specchi e svariati oggetti provenienti dai corredi funebri, ma anche sarcofagi e steli.
Nella sala XIX, insieme a frammenti di obelischi faraonici e romani, sono esposte tutte le statue della raccolta, coprenti l’intero arco cronologico della civiltà egizia. Si segnala, in particolare, l’opera più antica, la statua di un funzionario della III dinastia (2.700-2.640 a.C.), conosciuta come la “Dama di Napoli”.