La connotazione realistica e l’intenso pathos della scultura ellenistica alimentano anche le coeve opere pittoriche.

A partire dal III secolo a.C., la pittura compie significativi progressi: le composizioni diventano più elaborate e si utilizzano nuove tipologie di vernici, come la tempera. Inoltre, gli artisti mettono a punto innovative tecniche prospettiche(*) raggiungendo spesso risultati virtuosistici, a cui non mancheranno di ispirarsi i Romani.

Le antiche fonti scritte esaltano i dipinti del tempo, ma sono davvero pochi gli originali giunti fino a noi. Tuttavia, possiamo avvalerci delle numerose copie realizzate in età romana, se pur spesso adattate alle differenti prassi operative del proprio tempo.

Tra le rare testimonianze ellenistiche, figurano i dipinti rinvenuti in un ricco corredo funebre di Verghina, in Macedonia. Le scene sono ravvivate da abili effetti chiaroscurali, che sembrano riecheggiare le qualità luministiche tramandate dalla celebrata personalità artistica di Apelle, la cui opera pittorica, collocabile nella seconda metà del IV secolo a.C., segna il passaggio dal classicismo all’ellenismo.

Famosa la scena con il Ratto di Persefone, riferibile alla fine del IV secolo a.C., in cui la rapidità dei tratti e l’enfasi drammatica consentono di ipotizzare l’attribuzione del dipinto a Filosseno di Ereutreia(*).

La tormentata torsione del corpo seminudo della fanciulla rapita, i capelli scompigliati di Ade, nonché gli arditi scorci delle ruote del carro rivelano una notevole qualità esecutiva.

La pittura ellenistica predilige scene mitologiche e contenuti storici, ma è anche attenta all’osservazione della natura, spesso proposta con un notevole interesse per i dettagli. Questa tendenza si può verificare nel Mosaico del Nilo, risalente alla fine del II secolo a.C. e probabilmente realizzato da maestranze alessandrine giunte a Roma, dove l’opera è ancora oggi conservata.

L’ampia composizione mostra la fervida vita egizia sulle sponde del Nilo: attività umane ed elementi naturali si fondono in una meditata osservazione della realtà, descritta con gran cura e ricchezza di particolari.

L’apprezzamento della pittura ellenistica tra i Romani è un’ulteriore conferma del fondamentale processo divulgativo del linguaggio artistico greco, che in questo periodo conosce una straordinaria diffusione confluendo nelle variegate culture delle altre civiltà antiche.

Mariaelena Castellano

PER SAPERNE DI PIÙ…

(*) LA TECNICA PROSPETTICA NELLA PITTURA ELLENISTICA

La prospettiva è una tecnica utilizzata nel disegno per ottenere una resa tridimensionale sulla superficie piana del supporto. In età ellenistica queste competenze sono prese in gran considerazione per dotare i dipinti di suggestivi effetti di profondità. Tuttavia, i pittori non adoperano ancora modalità rappresentative fondate sulla geometria. Soltanto nel XIV secolo, nel fervido clima culturale del primo Rinascimento fiorentino, gli studi dell’architetto Filippo Brunelleschi conferiranno alla tecnica prospettica quel necessario rigore scientifico basato su un ragionato dialogo tra pratica e teoria.

L’artista definirà  le regole basilari per una corretta padronanza degli spazi e per una precisa impostazione tridimensionale provvedendo anche a un’accurata sistemazione teorica di questi nuovi saperi tecnici. Pertanto, la prospettiva greca, come in seguito quella romana, risulta impostata su una prassi perlopiù intuitiva, se pur spesso dotata di straordinari effetti visivi.

VISITIAMO!

IL MOSAICO DELLA BATTAGLIA DI ALESSANDRO

Tra le sale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, si può ammirare lo spettacolare mosaico proveniente dalla Casa del Fauno di Pompei e raffigurante la battaglia condotta da Alessandro Magno contro i Persiani a Isso, oppure con più probabilità, come sostengono alcuni storici, si tratterebbe della battaglia di Gaugamela.

Considerato la replica romana  di un dipinto di Filosseno di Eretria, il mosaico pompeiano interpreta con gran maestria compositiva l’originale ellenistico.

La scena è concitata, nutrita da un crescendo di enfasi dinamica, dove in un caotico avvicendarsi di soldati e lance, emerge il volto fiero di Alessandro Magno, a sinistra, e quello sgomento dello sconfitto condottiero persiano, a destra.

La vastità spaziale dell’opera si avvale di un’ampia gamma cromatica e di arditi effetti prospettici fondati su una studiata profondità di campo e su audaci scorci delle figure. Fondamentale il ruolo della luce: proviene dalla sinistra per balzare su scudi e armature in suggestivi giochi di luminescenze metalliche; crea intensi contrasti e proietta lunghe ombre protese sulla destra accrescendo così il furente impeto dinamico di cui è pervasa l’opera.