Anche in età classica, così come in età arcaica, con la pittura vascolare si compensa la mancanza di affreschi e quadri dipinti, conosciuti soltanto attraverso le fonti scritte.
Dagli antichi storici si apprende l’alta considerazione goduta da pittori rinomati quali Polignoto, abile negli effetti di profondità degli spazi, Apollodoro e Zeusi, entrambi distintisi per i sapienti giochi chiaroscurali, e ancora, Parrasio, esperto in una resa mimetica della realtà sorprendentemente verosimile.
Da questi spunti traggono ispirazioni i ceramografi del tempo, cosicché la tecnica decorativa vascolare si evolve e raggiunge una piena maturazione, sia tecnica che stilistica.
L’innovativa procedura “a figure rosse”, già ampiamente sperimentata in età arcaica, viene adesso praticata ufficialmente e con una spiccata abilità nell’ovviare alle difficoltà oggettive legate alle forme concave o convesse dei supporti.
Da un punto di vista stilistico, si possono individuare progressi nella resa espressiva dei volti, con sguardi caratterizzati da occhi più sporgenti e lineamenti più morbidi, nonché una presa di distanza dalle angolosità arcaiche.
Tra i ceramografi attivi in questo periodo, segnalo l’artista conosciuto come il Pittore dei Niòbidi(*), dal nome di una sua celebre opera, il Cratere dei Niòbidi (460-450 a.C. circa), proveniente da Orvieto e conservato a Parigi, nel Museo del Louvre.
L’artista ha qui raffigurato due storie, una più movimentata e unanimemente riconosciuta come il “Massacro dei Niobidi(*), l’altra, dai toni più pacati, che secondo una delle interpretazioni più accreditate, rappresenterebbe gli eroi della battaglia di Maratona, vincitori grazie all’aiuto di Eracle e Atena.
In entrambe le scene i personaggi, posizionati su piani differenti, assumono una posa solenne e una resa espressiva notevole. Inoltre, si coglie grande attenzione agli scorci e agli effetti prospettici, nonché un’accurata resa nei dettagli. Queste caratteristiche testimoniano l’influsso esercitato nella ceramografia dalla coeva esperienza pittorica, in particolare dall’opera di Polignoto.
L‘età classica rappresenta, dunque, una fiorente stagione anche per i dipinti vascolari, pervenuti ad alti livelli stilistici. Da questa esperienza muoverà i primi passi, verso la metà del V secolo a.C., la produzione a figure rosse italiota, che proseguirà nei decenni successivi in modo sempre più autonomo e originale.
Già dal IV secolo a.C. la ceramografia greca mostrerà, invece, un ripiegamento in opere più modeste, con la predilezione per tematiche semplici, quali scene di genere e soggetti dionisiaci.
Mariaelena Castellano
PER SAPERNE DI PIU'...
(*) IL MASSACRO DEI NIOBIDI
Secondo una delle versioni del mito greco di Niobi, la donna, figlia del re lido Tantalo e sposa del tebano Anfione, fiera della sua numerosa prole, osa ritenersi superiore alla dea Latona. Questa presunzione è pagata a caro prezzo: i suoi figli, i “Niobidi“, vengono infatti uccisi da Artemide e Apollo, figli di Latona.
Niobi, affranta dal dolore, si trasforma in pietra e nelle nuove sembianze rocciose continua il suo pianto disperato.
La scena della strage dei Niobidi, a cui la madre assiste impotente, è più volte proposta in diverse opere d’arte, tra cui appunto il cratere qui esaminato oppure, spaziando nella pittura italiana cinquecentesca, ricordo l’olio su tavola del Tintoretto, nell’immagine sovrastante.
(*) IL CRATERE CON AMAZZONOMACHIA NEL MANN DI NAPOLI
Tra le opere dell’artista identificato come Pittore dei Niobidi, menziono anche il cratere a volute con Amazzonomachia, conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Il vaso, nella cui scena principale l’eroe Achille uccide Pentesilèa, s’inserisce nel filone iconografico prevalente del tempo, ossia quello relativo a episodi di battaglie, con chiara allusione all’esito vittorioso delle guerre persiane.
A differenza del cratere dei Niobidi, che si distingue per la disposizione dei personaggi su diversi piani, quest’opera propone la più consueta impostazione delle scene su uno stesso livello di riferimento. Tale scelta non implica il venir meno degli stilemi legati all’abilità pittorica dell’artista, quali l’accentuata espressività, l’attenzione ai particolari e la definizione degli scorci prospettici.