L’Impressionismo nasce ufficialmente il 15 aprile 1874, quando un gruppo di pittori francesi dall’orientamento innovativo inaugura un’esposizione autonoma, presso lo studio parigino del fotografo Nadar.
Questo importante momento espositivo consacra un percorso avviato già anni addietro, quando una decina di artisti, accomunati dalla volontà di prendere le distanze dalle rigide regole accademiche, s’incontrava al Café Guerbois per discutere dell’esigenza di rinnovare la pittura.
Essi recuperano il percorso artistico ottocentesco, lasciandosi ispirare dalla libertà pittorica di Eugène Delacroix, come dalle atmosfere rarefatte di William Turner o, ancora, dai soggetti realistici di Courbet e dalla raffinatezza decorativa dell’arte giapponese.
Inoltre, guardando all’esempio di Camille Corot e della Scuola di Barbizon, prediligono il dipingere en plein air, all’aria aperta, agevolati dall’invenzione dei cavalletti portatili e dei tubetti a olio.
Un altro fondamentale punto di riferimento per questi giovani artisti è rappresentato dalla pittura di Édouard Manet che, pur ispirandosi ai grandi maestri del passato, rinuncia alle tecniche tradizionali e rinnova anche la scelta dei soggetti, per volgersi perlopiù a scene di vita reale.
L’Impressionismo va dunque inteso come un punto di arrivo capace di raccogliere tutti gli stimoli provenienti dalla pittura del XIX secolo, per poi fonderli in un nuovo linguaggio proiettato verso la modernità.
L’arte impressionista mira a cogliere la fugacità dell’istante, esaltando la mutevolezza dei valori luministici e, di conseguenza, il continuo variare della percezione cromatica. Ne deriva la necessità di lavorare al di fuori dello studio, per cogliere tutta l’esperienza sensoriale operando a diretto contatto con la natura e, soprattutto, con le fuggevoli sfaccettature della luce.
Ecco perché essi prediligono il tema dell’acqua, l’elemento primordiale che meglio di ogni altro si presta a rendere il concetto di impressione in continuo divenire.
I soggetti sono perlopiù paesaggistici, nonché tratti dalla vita moderna della Parigi del tempo: i viali alberati attorniati dai bar con i tavolini all’aperto, i giardini fioriti, le passeggiate, i locali mondani, le serate danzanti…
Questi artisti fissano sulle loro tele l’atmosfera festosa e spensierata della raffinata metropoli francese, restituendoci immagini fresche e pervase da un singolare lirismo cromatico. Sono vedute immediate, realizzate con tocchi rapidi di pennello, poiché la velocità esecutiva consente di catturare la fugacità dell’attimo.
Trattandosi di una visione soggettiva, legata all’istantaneità, gli impianti prospettici vengono meno, mentre disegno e ombreggiatura cedono il passo ai rapidi tocchi in punta di pennello.
“Impressionismo”, in realtà, è un termine coniato in senso spregiativo. L’esposizione del 15 aprile, infatti, suscita reazioni polemiche e commenti feroci,
Il critico Louis Leroy schernisce l’evento definendolo “Mostra degli impressionisti”, in riferimento alla sommarietà esecutiva delle opere, nonché con allusione al titolo di uno dei dipinti esposti: “Impressione, levar del sole”, realizzato da Claude Monet.
Nonostante l’accezione negativa, tale appellativo viene abbracciato da questo gruppo di artisti, poiché esso ben esprime il loro intento di fermare l’impressione sensitiva della realtà, per immortalarla sullo spazio della tela: ogni scena è così pervasa da una mobilità avvolgente e da un’atmosfera quasi rarefatta, che ognuno di noi può interpretare in base alla propria sensibilità.
Tra le file impressioniste spiccano i nomi di Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir e Edgar Degas.
Essi, seppur in modi diversi, porteranno avanti l’esigenza d’innovazione, che non si esaurirà con la breve vita del movimento.
L’Impressionismo, infatti, si esaurisce rapidamente: risale al 1886 l’ultima delle otto mostre organizzate a partire dal 1874. I tempi sono ormai maturi per nuove esperienze artistiche che, partendo dall’innovazione impressionista, punteranno ad andare oltre la fugacità della visione istantanea, cercando nuove concezioni.
Per indicare l’insieme di queste tendenze emerse dopo l’ultima mostra impressionista e protrattesi fino alla fine dell’Ottocento, si usa il termine “Postimpressionismo”.
Si tratta di una denominazione piuttosto generica che abbraccia svariate personalità artistiche, quali: Paul Cézanne, George Seurat, Paul Gauguin, Vincent Van Gogh, Suzanne Valadon, Henri de Toulouse-Lautrec.
Essi cercheranno, per vie diverse, di narrare e svelare la realtà delle cose. Cézanne e Seurat, per esempio, avranno una visione più razionale, permeata da un approccio più rigoroso e metodico; Gauguin e Van Gogh, invece, si volgeranno verso una sfera più emotiva, per esternare la propria interiorità.
In entrambi i casi, questi percorsi rappresentano un fondamentale punto di riferimento per i successivi sviluppi della pittura moderna, fungendo da ideale ponte di collegamento tra l’esperienza impressionista e la rivoluzione artistica delle Avanguardie storiche del Novecento.
Mariaelena Castellano