In età tardo antica Ravenna vive un momento di grande protagonismo storico e culturale, dovuto alla decisione di Onorio di designarla come nuova capitale dell’Impero Romano d’Occidente.

Tale scelta è motivata dalla posizione strategica della città, considerata un importante scalo marittimo affacciato sull’Oriente; inoltre, a ciò si aggiunge la presa in considerazione dell’inevitabile decadenza di Roma, saccheggiata prima dai Visigoti nel 410, quindi dai Vandali nel 455.

Ravenna, fino ad allora appartata in una posizione piuttosto marginale, diventa così un centro rinomato, nonché una fucina di fermenti artistici, dove influssi della tarda romanità imperiale si mescolano a stilemi barbarici o a raffinati preziosismi bizantini.

Nel tessuto urbano della nuova capitale, privo di un rilevante substrato architettonico, trovano posto imponenti costruzioni decorate all’interno da sontuosi mosaici. Lo sfarzo di queste decorazioni musive crea un voluto contrasto con la spoglia e severa sobrietà dell’esterno, con l’intento di richiamare il dualismo corpo-anima, ovvero la matericità contrapposta alla spiritualità. In tal modo le chiese ravennati esaltano il concetto tipicamente cristiano dell’importanza dell’anima destinata alla salvezza eterna.

A differenza di quanto avviene per i monumenti tardo antichi di Roma e Milano, a Ravenna nei secoli successivi non si verificano interventi di rimaneggiamenti o trasformazioni. Pertanto, la lettura delle opere non risulta contaminata da sovrapposizioni di stili e la città si pone come  fondamentale testimonianza di questo periodo.

L’operato artistico della Ravenna tardo antica è scandito in tre differenti fasi storiche: imperiale, ostrogota e  giustinianea.

PERIODO IMPERIALE (DAL 402 AL 476)

In questa fase, che vede Ravenna capitale di un Impero ormai al tramonto, si colloca la costruzione di due edifici a pianta centrale: il Mausoleo di Galla Placidia e il Battistero degli Ortodossi.

Il primo, risalente alla metà del V secolo, presenta una pianta a croce greca piuttosto irregolare, voltata a botte sui quattro bracci, con cupola al centro non visibile all’esterno, in quanto inserita in una struttura muraria parallelepipeda.

Il monumento, dedicato a Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio e reggente in trono a nome del figlio Valentinianio III, è caratterizzato esternamente da un rivestimento formato da soli mattoni a vista, scanditi da un susseguirsi di archetti ciechi. Le coperture a tetto a spiovente dei quattro bracci, chiara allusione ai templi dell’antichità romana, sono ravvivate dalla dentellatura dei timpani.

A questa sobrietà non corrisponde, come già enunciato, l’esuberanza decorativa dell’interno, rivestito da mosaici sfarzosi dalle accese cromie, che creano arditi giochi di dilatazione spaziale, stabilendo una netta presa d’autonomia rispetto alla struttura architettonica esistente.

La volta centrale simula un cielo stellato, dall’elegante contrasto cromatico tra il blu del manto celeste e il dorato delle stelle; in oro risultano anche la croce gemmata al centro e i simboli degli Evangelisti agli angoli. Nello spazio inferiore sono invece raffigurate coppie di santi, che sormontano le volte a botte decorate con elaborati motivi geometrici e vegetali. Anche le sottostanti lunette sono impreziosite da articolati decori musivi inseribili senz’altro in una corrente filo-ellenistica, tipica di quel gusto più aulico ancora presente nella tarda romanità.

Il Battistero degli Ortodossi, edificato nella I metà del V secolo, ha pianta ottagonale rivestita da una calotta a sua volta coperta da un tiburio. Degli otto lati della planimetria poligonale, soltanto quattro presentano in alternanza altrettante absidi, appena percepibili dal severo e spoglio esterno in muratura.

Lo spazio interno, arricchito da una sontuosa decorazione, si distingue in tre registri. I due inferiori sono caratterizzati da un doppio ordine di arcate, mentre quello superiore è formato dalla cupola.

Le arcate, poggiano su pulvini(*) e ritmano sequenze di eleganti ornamenti, marmorei per il piano basamentale, in stucco per quello mediano.

La cupola è interamente rivestita da una fastosa decorazione musiva, organizzata in due fasce circolari concentriche, riversate su un tondo centrale. La parte esterna è articolata in eleganti giochi prospettici di sapore ellenistico, mentre nel secondo registro trovano posto, in un ritmo serrato, i dodici Apostoli nelle vesti di senatori romani, stagliati intorno alla scena del Battesimo di Cristo.

L’immagine centrale, pur dominata da una vocazione ancora naturalistica, si apre a una visione più simbolica e comunicativa, come si può evincere dai contorni marcati e dal fondo in oro. L’inserimento di questo nuovo orientamento stilistico si spiega con l’intento di fornire la visione divina e salvifica al battezzato che volge gli occhi al cielo, nel momento in cui viene immerso nella sottostante vasca purificatrice.

PERIODO OSTROGOTO (DAL 476 AL 540)

Nel 476 il crollo dell’Impero Romano d’Occidente determina un periodo di grandi incertezze, in cui prendono il sopravvento i popoli barbarici ormai penetrati nei territori romani.

Nel 493 il generale Odoàcre, che era salito al potere dopo aver deposto l’ultimo imperatore, è definitivamente sconfitto da Teodorìco,  re degli Ostrogòti, inviato dall’imperatore d’Oriente.

Ravenna diventa così la capitale del nuovo regno romano-barbarico, fondato da Teodorìco con l’appoggio dell’aristocrazia romana.

Un decennio dopo, intorno al 505, il re barbaro commissiona la realizzazione della Basilica del Salvatore destinata al culto ariano del suo popolo.

Si tratta, con buone probabilità, di una cappella palatina, poiché nei dintorni sussistono tracce architettoniche identificate da alcuni studiosi come i resti del palazzo reale di Teodorìco.

L’edificio, convertito nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, presenta tre navate scandite da file di  colonne arcuate, provviste di pulvini e importate da Costantinopoli.

La navata centrale, conclusa da un’abside semicilindrica all’interno e poligonale all’esterno,  nelle pareti sovrastanti il colonnato è impreziosita da una raffinata decorazione musiva distinta in tre fasce orizzontali (un tempo quattro, prima dell’intervento di alzamento delle arcate).

Il ciclo, ben conservato, rappresenta sul registro inferiore della parete di destra il Palazzo di Teodorìco, fronteggiato sulla parete di sinistra dalla raffigurazione del porto ravennate di Classe.

Entrambe le scene sono prive di una resa tridimensionale; le immagini, infatti, appaiono volutamente semplificate in una forma comunicativa più immediata, intuibile anche da un pubblico sprovvisto di conoscenze prospettiche.

Dal Palazzo di Teodorico e dall’area portuale di Classe partono due lunghi cortei processionali, che avanzano nei versi opposti: a destra i Santi Martiri, diretti verso il Cristo in trono affiancato da due coppie di angeli; a sinistra le Sante Vergini, che avanzano verso la Madonna in trono con il Bambino, anch’essa circondata da quattro angeli.

Le due scene processionali rivelano una piena adesione ai modi bizantini, poiché risultano realizzate nella successiva fase giustinianea, in sostituzione di preesistenti raffigurazioni ariane, rimosse per prendere distanze dal culto pagano di Teodorico.  

I personaggi, imprigionati in una ieratica rigidità e in una marcata bidimensionalità, si stagliano con gesti ripetitivi su un sontuoso e astratto fondo aureo, rievocato dal preziosismo decorativo delle vesti e delle grandi aureole. Martiri e Vergini hanno lo sguardo fisso e appaiono privi di corporeità; i loro piedi fluttuano su un inconsistente piano d’appoggio, i cui elementi naturalistici rispondono a uno scopo meramente ornamentale.

Nel registro centrale, tra le finestre, si susseguono invece solenni figure di Santi avvolte in abiti definiti da morbidi panneggi ed effetti chiaroscurali. Anche in questo caso il fondo in oro suggerisce un’astrazione intrisa di sacralità, ma qui stemperata da un supporto prospettico del piano basamentale.

La fascia superiore, infine, presenta piccole scene narrate con estrema semplicità, che si possono inserire nella corrente artistica plebea.

Al periodo ostrogoto risale anche il maestoso Mausoleo destinato ad accogliere le spoglie di Teodorico.

L’edificio è ispirato alla monumentalità architettonica romana, come attesta la scelta del materiale impiegato: la pietra bianca d’Istria, evidente richiamo all’imponente palazzo di Diocleziano a Spalato. Al contempo, il Mausoleo rivela lo spirito decorativo di ascendenza barbarica, ben evidente negli ornamenti geometrici del caratteristico fregio ornato a tenaglia(*), che si snoda alla base della cupola: un motivo, questo, ricavato dal repertorio dell’oreficeria ostrogota e, più in generale, dei popoli nomadi.

La struttura presenta una pianta decagonale, che si ripete in due robusti corpi sovrapposti. Quello inferiore è scandito da poderosi semipilastri posti a sostegno di dieci profonde arcate, mentre il piano superiore, contornato da uno stretto ambulacro, sostiene una cupola ribassata e monolitica, ossia ricavata da un unico blocco di pietra.

PERIODO GIUSTINIANEO (DAL 540 AL 565)

Alla morte di Teodorico, avvenuta nel 526, seguono tensioni e disordini, che si risolvono dopo più di un decennio con la presa di potere dell’imperatore d’Oriente Giustiniano(*).

In questa nuova fase, Ravenna non è più capitale, ma diventa città sede di comando militare e, nel 550, sede di arcivescovado. Pertanto, continua l’impegno nel dotare la città di opere artistiche e monumenti sontuosi, destinati a simboleggiarne un ruolo non più subalterno.

A questi anni risalgono nuove imponenti costruzioni e svariati interventi decorativi, quali il ciclo musivo delle Teorie di Sante e Martiri, già esaminato in riferimento alla Basilica di Sant’Apollinare Nuovo.

Tra gli edifici ravennati di età giustinianea la paleocristiana Basilica di San Vitale(*) si distingue per il  raffinato splendore decorativo dell’interno e per l’ardita impostazione architettonica.

Inoltre, nel 549 l’arcivescovo Massimiano consacra la Basilica di Sant’Apollinare in Classe, nella zona dell’antico porto della città.

L’edificio, preceduto da un nartece, presenta tre navate concluse in altrettante absidi. Il piano presbiteriale è oggi rialzato per l’aggiunta, nel IX secolo, della cripta; inoltre, è stata asportata gran parte del rivestimento marmoreo e dell’originaria pavimentazione a mosaico.

La scansione delle navate è definita da ventiquattro colonne provenienti da Costantinopoli, dotate di elaborati capitelli a foglia sovrastati da pulvini.

L’abside centrale, ettagonale all’esterno e semicircolare all’interno, con la sua raffinata decorazione musiva testimonia la ricca e sontuosa cultura artistica della Ravenna tardo antica.

Nella parte superiore del catino absidale, una grande croce gemmata, stagliata sull’intensa cromia azzurra di un cielo stellato, simboleggia la Trasfigurazione di Cristo, ovvero la sua solenne e luminosa rivelazione; ai lati della croce appaiono le figure dei profeti Mosè ed Elia, mentre ai suoi piedi tre pecore simboleggiano gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni. Altre pecore atte a rappresentare i fedeli occupano, invece, la parte inferiore del catino, segnata da uno sfondo naturalistico costruito secondo una logica bidimensionale e ripetitiva. Al centro, in posizione frontale, campeggia la solenne figura di Sant’Apollinare orante, definito da un rigido contorno lineare, che lo avvolge nello splendore indorato dell’aureola e della veste.

Mariaelena Castellano

PER SAPERNE DI PIÙ…

(*) GIUSTINIANO E LA RESTAURATIO IMPERII

Tra gli imperatori d’Oriente, Giustiniano I, in carica dal 527 al 565, si distingue per la spiccata personalità e per l’abile indole governativa.

Affiancato energicamente dalla moglie Teodora, donna dotata di gran bellezza e di acume intellettivo, attua un ambizioso programma di rinnovamento e riorganizzazione dell’Impero (la Renovatio Imperii), promuovendo significativi interventi amministrativi e fiscali, nonché la sistemazione dei saperi legislativi romani confluiti nel celebre Corpus iuris civilis, pietra miliare nella storia del diritto.

Tuttavia, l’intento di ripristinare la grandezza dell’Impero Romano si scontra con la complessa situazione religiosa del tempo, caratterizzata da più dottrine, spesso in collisione con l’autorità imperiale. Pertanto, nonostante la riconquista militare capeggiata dal valoroso generale Belisario determini un consistente ampliamento territoriale dell’Impero, non si concretizza la vasta estensione raggiunta da Roma.

Oltre che per gli ambiziosi programmi politici, l’età giustinianea si distingue per la sua straordinaria ricchezza culturale e artistica.

DENTRO L'OPERA

(*) LA BASILICA DI SAN VITALE  – 520-548 circa, Ravenna.

La Basilica di San Vitale si pone come un prestigioso esempio di architettura paleocristiana di gusto orientale, come indica  la scelta della pianta centrale.  

Il sobrio esterno in mattoni si caratterizza per il perimetro ottagonale e per un’articolata disposizione di corpi geometrici, scanditi da poderosi contrafforti e sormontati da un tiburio, anch’esso ottagonale, che ricopre la cupola.

La forma dell’ottagono si replica internamente, disegnata da otto grandi pilastri che inquadrano un deambulatorio radiale, a due ordini, con matroneo. Tra un pilastro e l’altro, infatti, si colloca un’esedra definita da un doppio ordine di arcate, di cui ogni fornice presenta tre archi scanditi da due colonne.

Il presbiterio, rettangolare, termina in una profonda abside semicircolare che fa da sfondo all’altare, inquadrato da uno dei due ingressi all’edificio. L’altra entrata, non essendo in asse visivo con l’altare, come da tradizionale impianto basilicale, suggerisce, invece, l’idea di un più avvolgente spazio radiale.

La sontuosità dei decori musivi e dei rivestimenti in marmi policromi, così come gli effetti ornamentali a intreccio traforato di capitelli e pulvini(*), conferisce all’ambiente interno un suggestivo  effetto di frammentazione spaziale, potenziato dalle fulgide luminosità auree generate dai tasselli musivi e dalle aperture.

Nell’area presbiterale spiccano i due mosaici dedicati alle corti imperiali di Giustiniano e della sua consorte, Teodora, per la cui esecuzione è stata ipotizzata una maestranza locale supportata da cartoni provenienti da Costantinopoli.

I due sovrani  sembrano avanzare austeri, seguiti dai loro dignitari, offrendo rispettivamente pane e vino, in una serrata e ieratica frontalità bidimensionale. Questi caratteri, unitamente alla luminosità aurea, alle accese cromie e al sontuoso preziosismo decorativo, mostrano la piena adesione al linguaggio bizantino, stemperato, tuttavia, da  reminiscenze di tipo naturalistico nella definizione di alcune fisionomie.

In realtà, Giustiniano e Teodora non si recarono mai a Ravenna, ma queste solenni processioni, investite di una gran sacralità, ne sanciscono una sorta di presenza spirituale, proiettata in un’eternità priva di alcuna connotazione temporale o spaziale.

ANTICO & MODERNO

La sontuosità dei cicli musivi della Ravenna tardo antica non manca di affascinare e ispirare  personalità e correnti artistiche dei secoli successivi,  anche di epoca moderna.

Ad esempio, Gustav Klimt, esponente di punta della corrente della Secessione Viennese, dotato di un sensibile quanto originale gusto ornamentale, nel 1903 soggiorna due volte a Ravenna, restando profondamente ammirato dallo splendore dei suoi decori artistici.

Il linguaggio di Klimt, già votato a esiti di gran raffinatezza espressiva, riceve nuovi impulsi, ravvisabili in particolare nelle accese cromie e nella luminosità aurea e bidimensionale del cosiddetto “periodo d’oro” della sua produzione.

Il fascino senza tempo degli eleganti mosaici ravennati rivive, ad esempio, nel ritratto di Adele Bloch-Bauer, risalente al 1907, per il quale alcuni studiosi individuano un rimando alla solenne e regale immagine della Teodora effigiata nel mosaico del corteo processionale della Basilica di San Vitale.

 

IMPARIAMO I TERMINI

PULVINO: Elemento architettonico sovrapposto al capitello, con funzioni strutturali, ma talvolta anche decorative, avente forma di tronco di piramide capovolta.

MOTIVO ORNAMENTALE “A TENAGLIA”: Detto di quegli ornamenti di gusto geometrico, tipici dei popoli barbarici e raffiguranti un decoro che richiama l’omonimo utensile.

Tiburio: Struttura esterna posta a rivestimento della superficie curva della cupola; dapprima concepito a pianta poligonale, in seguito assume anche pianta circolare.

Contrafforte: Elemento costruttivo destinato a rafforzare una struttura assorbendo le spinte orizzontali e oblique che si scaricano sulla struttura stessa. Presenti solitamente all’esterno, possono essere realizzati anche all’interno di una muratura per renderla maggiormente resistente.

Esedra: Ambiente o spazio, di solito scoperto, delimitato da una struttura planimetrica semicircolare