Il fuoco non mi scalda, la brezza del mare ne smorza il calore per accarezzare le mie spalle nude.
Alcune ciocche di capelli ondeggiano ribelli e sfuggono al tentativo di tenerle legate con una penna. Sì, a reggermi la chioma in un’improbabile acconciatura, c’era una penna. Doveva servirmi per annotare dei pensieri, era questa la mia intenzione.
Scrivere durante un falò di fine estate!
Io sono fatta così.
C’è chi suona la chitarra, chi canta, chi mangia un trancio di pizza o beve birra; chi chiacchiera e chi si è appartato per vedere le stelle. Io, invece, mi sono allontanata per buttare giù un po’ di cose. Volevo concedermi una manciata di minuti tutti per me e poi tornare, allegra e spensierata, tra gli altri.
Tra questi amici incontrati soltanto qualche settimana fa, anche se mi sembra di viverli da sempre. Quando ci sono le affinità, non è necessario un tempo lungo per stringere i legami.
D’estate è più facile imbattersi in nuove amicizie, ma è singolare abbia conosciuto queste persone proprio quando mi son detta: “Riparto soltanto da me”. Ecco: quando ho compreso di avere un universo dentro, ne ho trovati anche altri fuori.
Avrei tanto da raccontare su questa estate 2018 che sta sgusciando via, forse troppo in fretta.
Ricordi e sensazioni, però, si aggrovigliano nella mente senza un ordine.
E allora i fogli sparsi ai miei piedi sono rimasti bianchi. Alcuni son volati via per insinuarsi tra le bottiglie di birra e sui cartoni delle pizze, o per confondersi tra gli spartiti musicali, nei paraggi della chitarra; qualcuno è addirittura a un passo dal fuoco.
Mi avvicino al falò e raccolgo questi pezzi di carta, smarriti e frammentati come i miei pensieri. A volte anche la confusione ha un suo perché: l’Universo non è forse nato da una caotica esplosione?
Fuoco dal fuoco. Ardore vitale che brucia in ognuno di noi.
Penso alle fiamme che ho dentro e a come poterle sprigionare dalla mia severa sorveglianza, ché tutte le nostre emozioni dovrebbero scorrere in piena libertà.
Ecco, tra le varie riflessioni che avrei annotato stasera, ci sarebbe stata di sicuro anche questa: “Liberare il proprio fuoco”.
Il fuoco, l’elemento primordiale; l’energia creatrice allo stato puro.
Racimolo i fogli e mi lascio scaldare dalle fiammelle scoppiettanti del focolare; avverto un leggero brivido alla schiena, il mio corpo è in bilico tra i tremolii delle prime frescure settembrine e il piacevole tepore del falò.
Il fuoco e le sue scintille, così evanescenti, così sfuggevoli… Piccole scie di luce vibrante.
Come le stelle.
Il fuoco delle stelle, dei miliardi e miliardi di stelle.
Tutte a esibirsi per noi, in uno spettacolo senza fine, che si ripete ogni notte.
Squarci luminosi che bucano il cielo nero.
Non dovrebbe mai smettere di meravigliarci lo spettacolo delle stelle.
Nemmeno quello del Sole, la nostra stella madre che con le sue aurore e i suoi crepuscoli colora il cielo di infinite sfumature.
Dovremmo guardarlo ogni giorno il cielo.
Come abbiamo fatto per la lunga eclissi lunare di qualche settimana fa: tutti ad alzare gli occhi in su, per contemplare le suggestioni astrali della sfera celeste.
Sì, avrei scritto anche della fascinosa luna rossa del 27 luglio in questi miei fogli bianchi, che adesso accartoccio tra le mani.
E poi, avrei raccontato dell’alba di una calda mattinata d’agosto, quando tra le colline spuntavano le prime luminescenze solari, quando il nero della notte si lasciava avvicinare dai bagliori rosati in un silenzio così surreale, da non sembrare vero.
Una, due, tre aurore e nuovi giorni ad attendermi.
Nessun dorma.
In questa estate 2018 ho imparato a vivere la notte, a cantarla e ballarla con i suoi miliardi di stelle.
Ho fuggito il sonno per seguire i ritmi vorticosi della vita, che quando chiede di vivere, non devi tirarti indietro.
Questo è stato il tempo della vita che pulsa, che detta le sue sregolate regole.
In fondo è così che immaginiamo da sempre l’estate: una stagione densa di emozioni, di nuove conoscenze, di pienezza di vita.
E quando questa stagione se ne va, porta via con sé un pezzo della nostra storia.
A volte ci fa anche lasciare indietro qualcosa o qualcuno, che non può più far parte di noi.
Le persone che ci sono accanto non è detto lo siano a vita. Alcune restano, altre no; magari siamo proprio noi ad allontanarle. Probabilmente non torneranno più, né noi le faremo ricomparire e si frantumerà così l’idea in cui la nostra mente s’incastra per dare un senso al tutto: l’idea del “per sempre”.
Ma ho imparato che se qualcuno entra davvero a far parte del nostro vissuto, sebbene per un tempo piccolo, avrà comunque un gran significato: potrà diventare una preziosa meteora, che in qualche modo ci aiuterà a brillare.
Siamo flussi di energia che scorre. Così nasce l’amicizia, così nasce l’amore.
Siamo tracce di luce, spesso destinate ad allontanarsi dalla vita della persona amata, senza, però, scomparirne mai del tutto.
Perché i bagliori luminosi, quelli veri, anche se fugaci, sono immortali, sfidano il tempo.
Restano in un “per sempre” scolpito nella memoria dell’anima, lì dove si trova un senso per ogni cosa.
Prendo la penna, ancora incastrata tra i capelli, recupero uno dei fogli e scrivo: “A volte un solo, intenso, battito d’ali può essere più emozionante di un lungo volo”. L’avrò letta da qualche parte questa frase, chissà forse da uno dei foglietti dei Baci Perugina.
Questa, per me, è stata un’estate di nuove amicizie, ma anche la stagione di un lungo e silenzioso addio.
Non sono mai troppo chiassosi gli addii: meglio lasciarli scivolare via senza clamore, zitti e discreti.
Ché a trascinare una storia, si rischia di logorarne il vissuto e di annientarne anche le memorie più belle.
I ricordi, invece, vanno protetti.
Sono tracce di luce.
Come le stelle.
Anche adesso, in questa sera di fine settembre, ne vedo luccicare davvero tante.
L’estate va via e a me viene da far dei bilanci, un po’ come succede con l’inizio del nuovo anno.
In questo tempo estivo, piccolo e fugace, ho imparato a stare bene anche da sola, finalmente.
Perché la felicità non può dipendere in gran parte da chi si ha o non si ha accanto.
Perché nessuna amicizia e nessun amore andrebbero gravati del compito di riempire un’altra vita con la propria presenza o di svuotarla con la propria assenza.
La solitudine spaventa. Ci vuole coraggio ad abbracciarla, a brillare di luce propria per imparare a circondarsi soltanto di luci vere.
Non si dovrebbe aver paura a restare da soli, piuttosto bisognerebbe temere di restare con chi non sa apprezzare la nostra luminosità, con chi non riesce a regalarci splendore.
E allora, mi basto io.
Bastano questi miliardi di stelle che brillano anche per me.
Lui invece no, ormai non brillerà più per me.
La sua luminosità si è offuscata proprio in questa stravagante estate del 2018.
Dopo mesi e mesi di emozioni e tormenti.
Dopo che mi aveva dedicato “Perfect Symphony” cantata da Ed Sheeran in coppia con Bocelli: “Sei la mia donna … nulla è impossibile…”
E invece no: nulla è stato possibile tra noi.
Non sono la sua donna, non lo sono mai stata.
Forse perché non sono la donna di nessuno.
Appartengo solo a me.
“Piccola stella senza cielo”, mi dedicava, ancora.
Era la sua canzone preferita.
Chissà, credo in cuor suo sapesse da sempre del nostro epilogo.
Troppi ostacoli tra noi.
Ero la sua stella. Ma lui non era il mio cielo.
Un giorno eravamo il Tutto, un altro il Niente.
Splendevamo e ci eclissavamo a seconda degli aggrovigliati pensieri sul nostro “essere noi”.
“Ci incanteremo mentre scoppi in volo… Ti brucerai, piccola stella senza cielo…”
Sì, mi brucerò. A brillare di luce mia, fino a scoppiare in volo.
Senza di lui e senza nessun altro. Vado avanti da sola, ma piena di nuove energie.
Perché ho compreso che l’amore è dentro me. In tutto ciò che do, in tutto ciò che faccio.
E´ dentro questa estate che se ne va.
L’amore che non c’è più, lo cerco nei miliardi di stelle che mi sovrastano, nello spettacolo di un’aurora o di un’eclissi lunare.
Lo scopro nelle persone che mi sono accanto oggi e che magari staranno con me domani.
Perché esistono anche legami talmente forti da durare una vita.
A volte.
Lui, invece, non è rimasto.
Il suo amore è andato via all’improvviso, si è dissolto come la coda delle stelle cadenti che solcano il cielo nero.
La sua scia, però, continuerà in qualche modo a brillare nel cielo. Tra i miliardi e miliardi di stelle.
Mariaelena Castellano
(Illustrazione di copertina a cura di Simona Simone)