Il piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry. La scelta è stata immediata.
Quando mia figlia di otto anni ha comunicato che per i compiti estivi avrebbe dovuto leggere un classico, non ho avuto dubbi su quale titolo proporle.
Un libro che ha fatto storia, scritto e illustrato da un aristocratico aviatore, scrittore e poeta.
Pagine alimentate da concetti semplici, quanto profondi; parole destinate a conoscere un successo planetario.
Il Piccolo Principe, pubblicato per la prima volta nel 1943, a un anno dalla scomparsa del suo autore, ha avuto una fama crescente: oltre 140 milioni le copie vendute, con traduzioni in più di 250 lingue.
Una storia sempre attuale, da cui traspaiono i valori di Exupéry, uomo sensibile che crede fortemente nell’importanza delle relazioni umane come unico antidoto a tutti i mali.
I mali della guerra, per esempio.
Correvano gli anni del secondo conflitto mondiale quando questo testo conosceva la sua luce editoriale.
Anni di violenze inaudite, di paura e di sconforto.
Eppure la storia dell’aviatore atterrato per un guasto al motore nel Sahara, dove incontra un bambino buffo vestito da principe e proveniente da un piccolo asteroide, ci comunica un messaggio di salvezza.
Perché se è vero che nessuno è in grado di cambiare il corso delle cose, è anche vero che tutti noi possiamo costruire relazioni intime e trasformare ciò che inizialmente risulta estraneo in un grande amore o in una bella amicizia.
«Lasciarsi addomesticare significa “creare dei legami”», sentenzia la volpe al Piccolo Principe.
E i legami restano fortemente radicati nel nostro animo, per poi vincere la tristezza del distacco.
Perché non tutti i rapporti possono durare nel tempo: a volte hanno una scadenza.
Per le cause più svariate, per i diversi cammini dettati dalla vita.
E quando i legami finiscono, bisogna fare i conti con la sofferenza.
Ma se sono legami intensi, non c’è distacco che tenga.
I ricordi del vissuto e delle emozioni provate insieme daranno quella forza necessaria ad andare avanti, ma conferiranno anche una sottile tristezza. Una vena poetica di nostalgia, anch’essa necessaria per vivere pienamente la propria esistenza.
Una penna sensibile e malinconica quella di Antony de Saint Exupéry, da cui emerge che non c’è bellezza senza il rischio della sofferenza.
Un rischio che va accettato per colmare la vita di valori e presenze significative:
“Certo che ti farò del male. Certo che me ne farai. Certo che ce ne faremo. Ma questa è la condizione stessa dell’esistenza. Farsi primavera, significa accettare il rischio dell’inverno. Farsi presenza, significa accettare il rischio dell’assenza…”
Così sentenzia il poeta-aviatore in un suo altro scritto, Sept lettres à Natalie Paley.
«Il piccolo Principe, sì, leggeremo questa storia», ho detto qualche settimana fa alla mia bimba.
«Leggeremo? Ma se la maestra non vuole che leggiamo insieme?»
Vorrà. Questo è un libro che va letto e riletto a tutte le età.
Voglio rileggerlo da adulta.
E poi la lettura condivisa con i bambini è una preziosa risorsa comunicativa, capace di rafforzare il legame genitore-figlio attraverso la meravigliosa esperienza di entrare insieme in una storia, di esplorarne i personaggi e le vicende con curiosità, di comprenderne la morale, di viverne la trama come se ne facessimo parte anche noi.
Così, pagina dopo pagina, ci siamo immerse nelle surreali avventure del piccolo protagonista piovuto sulla Terra dall’asteroide B-612.
Leggevamo la sera, prima di dormire, nel quieto silenzio della cameretta dei miei due bimbi.
Ascoltavano entrambi, anche il secondogenito di sei anni. Ogni tanto prima di chiudere gli occhietti stanchi, faceva qualche domanda sulla trama, poi quando stava per addormentarsi, ci chiedeva di interrompere la lettura per non perderne il seguito.
Leggevamo anche di giorno, nella confusione di uno stabilimento balneare. Tra un bagno e l’altro, riuscivamo a ritagliarci questo tempo tutto nostro.
Leggevamo in giardino, sedute sul prato, con i cinguettii degli uccellini a farci compagnia.
Una lettura alternata al gioco e al divertimento.
Dagli asteroidi spaziali passavamo così ad arrampicarci su scale e staccionate.
Tra fiori e ramoscelli, varcavamo il piccolo ponte sul laghetto, giocavamo a nascondino sotto le fronde cascanti dei salici.
E poi di nuovo a leggere insieme Il Piccolo Principe, per rispondere a tutte le curiosità, per svelare i termini difficili e sottolineare i pensieri più belli.
Perché il modo migliore per condividere un tempo di qualità con i propri figli è tutto qui: lettura e gioco condiviso.
Ce ne dimentichiamo troppo spesso: ci lasciamo catturare dalle dinamiche nefaste di un presente dove il tempo per noi adulti è diventato una risorsa troppo preziosa.
Non basta mai!
Con la conseguenza ne dedichiamo poco ai nostri figli.
«Sono triste. Non voglio finire questa storia!», ha esclamato mia figlia, quando mancavano poche pagine all’epilogo de Il Piccolo Principe.
Quando ha pronunciato questo pensiero, ho convissuto con lei la malinconia del distacco da una storia vissuta con partecipazione.
Accade questo, quando si entra appieno nella trama, quando la si vive con interesse, lasciandosi avvolgere dalle atmosfere e dagli scenari narrati.
Emozioni da vivere e da far vivere.
Oggi e non domani.
Prima che crescano troppo.
Mariaelena Castellano
Ringrazio Francesco Sabatino (istagram @francescosabphoto) per le foto scattate all’Oasi Mediterranea di Sant’Agnello.