Ho acquistato “La Storia” di Elsa Morante un bel po’ di anni fa. Il volume appartiene alla collana di  classici del Novecento in uscita settimanale con il quotidiano La Repubblica: cinquanta volumi dei più svariati protagonisti letterari del XX secolo, con le sovracopertine dalle delicate tinte pastello.

Mi è sempre piaciuto alternare la lettura dei classici alla narrativa contemporanea e così, pian piano ho letto (e, talvolta, anche riletto) tutti i romanzi della Repubblica.

Tutti, eccetto uno. “La Storia” è rimasta per anni ancorata alla libreria, nello scaffale destinato alla collana del Novecento. Certo, con le sue 603 pagine si è subito distinta tra gli altri volumi per la gran mole, ma non è questo il motivo che mi ha dissuasa dal leggerla. La ragione va cercata, piuttosto, nella consapevolezza di trovarmi di fronte a contenuti forti, che richiedono una certa predisposizione d’animo: con la sua “Storia”, Elsa Morante cala il lettore nel devastante scenario del secondo conflitto mondiale e del suo difficile dopoguerra. Sono anni, questi, con cui non riesco a interfacciarmi facilmente, perché se pur non toccati con mano, fanno parte di un tempo recente della storia italiana e dunque entrano con prepotenza nell’immaginario collettivo, a monito degli orrori di cui può essere capace l’uomo.

Tuttavia, il corso della Storia svela anche la capacità umana di tener viva l’incessante speranza che ogni male possa prima o poi venir meno per far posto a un futuro migliore. Forte di questo pensiero, qualche mese fa, ho finalmente deciso di inoltrarmi tra le 604 pagine de “La Storia”. Pagine di vita, dove la talentuosa regia narrativa dell’autrice conduce a una lucida analisi dei fatti storici che fanno da scenario alle travagliate vicende dei suoi personaggi.

La storia della protagonista, Ida, dà voce a tutti i drammi e gli stenti vissuti dalle donne negli anni della Seconda Guerra Mondiale. La sua silenziosa lotta per la sopravvivenza si arma di un’impavida forza d’animo, per poi oscillare tra le più fragili, umanissime, paure e una mesta rassegnazione. E´ una lotta continua, che svela quel bisogno ancestrale che affiora in ognuno di noi: il bisogno di continuare a far parte della Storia.

La narrazione sobria e calibrata di Elsa Morante si anima anche di una schietta veridicità, cosicché i suoi personaggi paiono pulsare di vita vera. Sembra di sentirli parlare dinanzi a noi, con le loro espressioni più genuine; ne percepiamo anche i flussi di pensiero più veritieri e, pian piano, entrano in noi, come se li conoscessimo da sempre.

Ida, madre devota, così timorosa e insicura, eppure temprata alla sofferenza; è chiusa in un mondo tutto suo, un mondo scandito dalla volontà di sopravvivere per continuare a prendersi cura dei due figli: Nino, il primogenito ribelle, anima inquieta, ma dotata di gran sensibilità, e il piccolo Useppe, il figlioletto illegittimo, concepito proprio in apertura del romanzo, quando la protagonista, trentasettenne, già vedova, subisce il sopruso di un soldato tedesco.

Intorno a Ida e ai suoi figli, gravitano tanti altri personaggi, tutti intrecciati tra loro in questa narrazione corale, ognuno con la propria piccola grande storia che, inevitabilmente, va a confluire nel corso della Storia di tutti.

Una Storia lunga millenni: cambiano le date, cambiano i singoli eventi, ma a non cambiare sono le dinamiche di chi detiene il potere e persegue i propri interessi nel disinteresse del bene collettivo. A non cambiare, poi, è quell’affannato avvicendarsi di chi subisce questa logica corrotta e nefasta: uomini rassegnati, a cui non è dato conoscere la verità dei fatti; loro restano impotenti, fuggono dalle case distrutte, piangono i morti e i dispersi, vittime inermi di una Storia che si ripete.

M.C.