“Esistono due modi per non apprezzare l’arte. Il primo consiste nel non apprezzarla. Il secondo nell’apprezzarla con razionalità”, scriveva Oscar Wilde. Una citazione che mi è venuta in mente quando qualche giorno fa, insieme a due amici appassionati di fotografia, Mariano e Francesco, ho visitato lo studio del pittore Enzo Prestileo, nella verdeggiante Schiazzano, piccola frazione di Massa Lubrense.
Uno spazio dove il fascino della sua opera incontra la suggestione del paesaggio massese: gli ulivi, i limoneti, il mare delle Sirene, le colline di Schiazzano. Lo sguardo passa dalle vedute dipinte di Ieranto, Nerano, Mitigliano e Monte san Costanzo al reale scorcio panoramico inquadrato nella finestra e illuminato da un vivo tramonto roseo, i cui riflessi animano a sprazzi le tele, le fanno pulsare di una luce inedita, che si sovrappone alle loro suggestive sfumature diafane.
Appena entrati, abbiamo percepito di trovarci in uno spazio “altro”, dove il seducente linguaggio dell’arte consente di evadere in una dimensione densa di nuove emozioni. Il cavalletto ligneo campeggiava al centro del piccolo ambiente. Intorno, delle sedie, dove ci siamo accomodati; i tavolini con le attrezzature varie: pennelli, tubetti, tavolozze; gli scaffali con i libri d’arte e poi, loro, le tele. Disposte per terra, girate al contrario, in modo da non essere rivelate subito, finché, come con le scatole cinesi, si son svelate una ad una, presentate dal loro artefice. Si è aperto il sipario. La calda luce rosea del crepuscolo pareva farsi più intensa, come a voler prender parte alla performance espositiva.
«Non dipingo con la mente, ma con lo spirito, senza sottostare a regole prefissate», ci ha spiegato il Maestro, mentre adagiava la prima tela sul cavalletto. Le sue parole intingevano i quadri, li pervadevano come suoni fluenti nelle immagini, in una perenne, salda osmosi tra creatore e creato. «Se manca questo contatto, non si può dipingere», ha affermato perentorio. La voce ferma, in sintonia con l’espressione decisa e l’aspetto autorevole incutevano riverenza, nonché un leggero senso di soggezione, poi svanito per il suo fare accomodante e amichevole, capace di mettere a proprio agio.
In Prestileo si legge la figura dell’artista talentuoso, votato alla passione del dipingere, e quella dell’uomo riservato, che custodisce dentro di sé le proprie emozioni, svelandole soltanto attraverso le sue opere. Il pennello s’intinge così nella sfera dei sentimenti e, se pur al servizio di un operato virtuosistico, veste l’immagine di un’aura intimistica, a volte velata da una sottile malinconia.
«La tecnica è importante, ma deve restare sempre al servizio delle emozioni. Quando dipingo sento il bisogno di esprimerle e di lasciarmi andare, di far prevalere il bambino che è in ognuno di noi», ha precisato l’artista, mentre le tele continuavano a scorrere davanti ai nostri sguardi, lasciandosi ammirare, studiare, scrutare, per poi catturarci attraverso il suadente lirismo poetico di cui sono intrise, in un’atmosfera svincolata dai limiti temporali e spaziali.
Ritratti, nature morte, paesaggi marini: immagini sospese, eppure palpitanti di vita, che ognuno può leggere e interpretare lasciandosi guidare dal proprio vissuto, dall’interiorità dei sentimenti più personali, sconfinando così in visioni sempre inedite.
E´ il turno di una grande veduta marina, dove in primo piano la scena è dominata da tre conchiglie, che sembrano quasi sussurrare la voce del mare. Non resisto, devo avvicinarmi. Mi accovaccio al lato della tela per osservare meglio tutti i particolari. Mariano inizia a scattare delle foto: «Il tuo vestito si mimetizza con le conchiglie», mi dice, mentre io le contemplo, mi perdo nelle loro finiture perlacee, negli strati materici adagiati nell’andamento sinuoso, quasi a suggerire il moto delle onde. E poi, dietro di loro, il mare. Maestoso, immobile, quieto. Mi sono lasciata avvolgere da questo senso di pace emerso dalle acque violacee del dipinto; fugace, ma trasognata evasione della mente e dello spirito.
Mariano continuava a scattare foto, fissando gli istanti in cui il Maestro condivideva con noi la sua arte; Francesco proponeva delle pose per catturare con il suo obbiettivo la sinergia tra l’artista e l’opera; io immaginavo l’artefice al lavoro, davanti a quel cavalletto, impegnato ore ed ore in una paziente, magistrale procedura tecnica.
«Uso soltanto il bianco e i colori primari», ha dichiarato Prestileo, svelandoci i segreti della sua tecnica virtuosistica, fatta di piccoli tocchi cromatici, lenti, saturi di infinitesimali sfumature. Un lavoro preceduto dalla studiata messa in posa del soggetto, dove nulla è lasciato al caso: le inquadrature, le impostazioni compositive sono accuratamente pensate e poi elaborate. E le pennellate, a poco alla volta, trasformeranno la tela in uno spazio parlante, fatto di velature rosate e di atmosfere sospese. La padronanza della tecnica, l’abilità nel disegno e la straordinaria resa cromatica fanno pensare a un genere iperrealistico, dove i soggetti dipinti sembrano più veri del vero; ma accanto a questi effetti sorprendentemente illusionistici, si dipanano altre visioni, che non consentono di etichettare la pittura di Prestileo in un genere prestabilito, ma la lasciano fluttuare laconica in un’atmosfera mistica, fatta di silenzi e intime introspezioni, di malinconia, sogno e poesia.
M.C.
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(Foto di copertina di Francesco Ercolano).