“Sotto controllo” è un racconto ispirato a tre casi di stalking realmente accaduti in Penisola Sorrentina, due dei quali appresi dalla cronaca giornalistica. Il terzo risale invece a fatti a me narrati da una donna che, come tante oggi, ha subito smanie ed atteggiamenti persecutori.

Dalla fusione di queste vicende nasce una trama stilata attraverso un duplice “io narrante”, come  evidenziato dalle differenti colorazioni della grafica. A raccontarsi sono  Michela Baldini (nome d’invenzione), la vittima, e Alessandro Marsia, il giovane carabiniere di “Casa d’Arma”, già conosciuto in “Unabomber”, il primo racconto di questa trilogia (per leggerlo CLICCARE QUI).

Ringrazio  il comandante Daniele De Marini e quanti hanno collaborato nella stesura di questo scritto, in particolare il vice brigadiere Gianluca Brunetto per i vari suggerimenti tecnici apportati.

M.C.

 

Oggi sono sempre più numerosi i casi di persone perseguitate da attenzioni non gradite e da comportamenti minacciosi: telefonate,  messaggi, ma anche inseguimenti ed appostamenti. 

“Sotto controllo” analizza in particolare lo stato di confusione e di paura provato da chi è vittima di questi atteggiamenti, da chi spesso preferisce non denunciare per il timore di peggiorare la situazione. 

Un racconto da leggere per apprendere realtà purtroppo ben presenti nella quotidianità di oggi, ma anche per riflettere sull’importanza del lasciarsi aiutare per non restare… “sotto controllo”. 

Gianluca Brunetto 

 

SOTTO CONTROLLO”  – racconto / Casa d’Arma (per info sulla serie CLICCARE QUI)

Piano di Sorrento, 2 ottobre  

 

Sarò qui da almeno venti minuti.

Venti lunghi minuti scanditi dal mio continuo andirivieni nei paraggi di Casa d’Arma.

Tiro dritta verso il portone, sto per bussare il campanello.

Tentenno. Due passi indietro e riprendo a camminare su e giù per i dintorni.

Il vento  smuove qualche foglia riversa sul marciapiede: è una brezza leggera, che rinfresca da questo insolito tepore autunnale. Anche oggi il sole splende con vigore, sembra quasi di essere in estate.

Guardo per l’ennesima volta la vetrina di borse, poi mi avvicino di nuovo all’ingresso della caserma, ma nemmeno questa volta  mi sento pronta ad entrare.

Se il carabiniere di turno starà guardando il monitor delle riprese esterne, mi prenderà per matta.

Forse un po’ matta lo sto diventando, con tutta l’ansia accumulata in queste ultime settimane.

Vorrei liberarmi da questo stress e per farlo dovrei sporgere denuncia, ma se poi peggiorassi le cose?

Bip!

Sobbalzo.

Il semplice trillo di notifica di un messaggio mi fa andare in tilt.

“Dove sei? Continui a non rispondermi. Ho bisogno di parlarti. Non puoi impedirmelo, hai capito?”

Il cellulare mi scivola dalle mani tremanti e finisce per terra, proprio nelle vicinanze di Casa d’Arma.

Raccolgo il telefonino, prendo coraggio, busso e varco finalmente l’ingresso.

Un giovane carabiniere mi fa cenno di entrare nella guardiola, ma sono ancora titubante sul da farsi.

Forse non è il caso di procedere, magari sto ingigantendo troppo le cose…

Bip!

Un altro sussulto.

“E rispondimi! Prima ti ho vista andare verso piazza delle Rose, ormai sei sotto controllo, hai capito?”

Già. Sono sotto controllo e sarà bene prendere atto di questa realtà.

Accedo alla piccola guardiola dove è seduto il militare, intento a scrutarmi con un’espressione incuriosita.

Si starà chiedendo il motivo di questo mio lungo temporeggiare.

Casa d’Arma, 2 ottobre

 

E´ da un po’ che osservo questa ragazza. Camminava qui fuori con fare nervoso.

Avevo intuito dovesse venire qui.

E’ una bella donna, anche se l’agitazione e l’aspetto un po’ trasandato non le rendono giustizia.

Avrà al massimo venticinque anni.

Driiin!

“Un momento solo. Si accomodi intanto.”

Rispondo al telefono, ma lei resta in piedi accanto all’ingresso.

“Caserma dei carabinieri di Piano di Sorrento, chi parla? Ah, maresciallo Prati, buongiorno. Si, ho trovato il fascicolo. No, adesso non posso, c’è una persona … la chiamo io tra poco.”

“Se ha un altro impegno, posso anche passare più tardi”, puntualizza lei, non appena attacco.

“No, non si preoccupi, si sieda”, la esorto io.

“Veramente, non so se… magari passo un’altra volta!”

“Ora è qui. Cosa ha da raccontarmi? Facciamo solo una chiacchierata informale, va bene?”

Finalmente prende posto in una delle due sedie dall’altro lato della scrivania.

Si guarda intorno con aria smarrita, mentre  attorciglia con le mani  i lunghi capelli biondi.

“Dovrei sporgere una denuncia, ma forse non è il caso…”, esclama, mentre alza le sopracciglia sgranando i grandi occhi verdi.

“Lei mi dica, poi valutiamo insieme se è il caso o meno.”

“Va bene”, acconsente, ma non proferisce parola.

“Un attimo solo, sto cercando di ricordare meglio i fatti”, si giustifica.

“Tranquilla, si prenda tutto il tempo”.

Biip!

Il trillo di notifica del cellulare rompe  il silenzio. La donna afferra  il dispositivo dalla borsa e legge con fare nervoso il messaggio. Cerca di mostrarsi disinvolta, ma il frenetico tremolio delle gambe tradisce il suo intento.

Mi vien da pensare che dietro questa agitazione ci sia la pressione di un uomo. Che so, un corteggiatore insistente o un fidanzato violento.

“Allora, signorina, cosa vorrebbe denunciare e perché? Chi  le sta dando fastidio?”

“Sì, ha detto bene, c’è una persona che mi sta dando fastidio, ma non vorrei che denunciandola possano peggiorare le cose…”

“Di questo ce ne occuperemo noi. Lei ora mi racconti tutto, poi vedremo il da farsi.”

Resta ancora per un po’ sulle sue e quando finalmente inizia a farfugliare qualcosa, arriva il maresciallo Prati.

“Marsia, per favore mi serve urgentemente quel fascicolo!”

“Sì, maresciallo, un attimo solo…”

“No, Alessandro, ho fretta. Se però mi dici dov’è,  vado a prenderlo io.”

“E´ di sopra, nell’archivio, ma non ricordo in quale cartellina l’ho inserito…  Vado un attimo io”.

Appena mi alzo, noto il sospiro di sollievo della ragazza, rincuorata da questa pausa piovuta dal cielo.

“Signorina, un attimo di pazienza, arrivo subito”, le dico prima di uscire dalla guardiola per direzionarmi alla scala retrostante. Mentre salgo la osservo dall’alto con la coda dell’occhio e anche lei si gira verso di me, quasi per sincerarsi che mi stia allontanando per davvero. Si accorge del mio sguardo e abbassa il capo di scatto.

Mi affretto sia nel percorrere gli spazi della caserma, sia nel rovistare tra i faldoni e le cartelline dell’archivio; dopo pochi minuti sono di nuovo giù, nella guardiola, per consegnare il fascicolo al collega e per recuperare quanto prima  la mia conversazione.

“Grazie Marsia.”

“Si figuri … ma dov’è la ragazza?”

“Se ne è andata. Ha detto che aveva fretta e che verrà un’altra volta.”

“Lo sapevo! Doveva fermarla, maresciallo!”

“Perché, era qui per qualcosa d’importante?”

“Eh! Stavo appunto per scoprirlo!”

“Prova a vedere fuori, forse è ancora nei paraggi!”

Mi precipito verso l’ingresso, ma tra il via vai di persone che affollano la strada, di lei nemmeno l’ombra.

Non ho neanche preso il suo nominativo!

Accendo una sigaretta e resto per un po’ fuori, sperando in un suo ritorno.

Alla terza sigaretta rientro in guardiola.

Piano di Sorrento, 17 ottobre

 

“Aiuto! Qualcuno mi aiuti per favore! Aiuto!”

Vorrei gridare queste parole con tutto il fiato possibile, ma le mie corde vocali non riescono ad emettere alcun suono.

Sono da sola, in auto, le mani tremanti aggrappate al volante. Piove. Giusto qualche goccia, è una leggera pioggerella autunnale, mentre io ho dentro una tempesta.

Metto in moto la macchina per ripartire, ma il suo volto giganteggia sul cofano anteriore. Ha lo sguardo minaccioso, mi guarda con aria di sfida ed io avverto un vuoto vertiginoso sotto i piedi. Vorrei scendere dall’auto, ma è come se una voragine stesse per inghiottirmi.

Mi sveglio di soprassalto, sudata ed ansimante.

E’ notte fonda, i raggi di luna fanno capolino tra le fessure della persiana e rischiarano il buio della stanza.

Vado in cucina per un assalto alla dispensa. In questi casi provo a calmarmi con cioccolata, biscotti e pasticcini. Sorseggio anche una tisana dalle proprietà rilassanti, ma continuo a sentirmi agitata,  rivivo la scena appena sognata. Mi appare nitida davanti agli occhi.

Magari si trattasse solo di un brutto incubo!

Il suo assalto mentre ero al volante è accaduto per davvero. Saranno trascorse un paio di settimane da quella sera. Da allora continuo a sentirmi addosso quei momenti di paura, di giorno e di notte.

Ormai mi perseguita anche nei sogni.

Persecuzione, ecco. Mi sento perseguitata da questa persona da ormai troppo tempo.

“Non ti libererai di me! Sei sotto controllo, hai capito?”, ha urlato così quando me la sono ritrovata davanti all’auto, mentre ero ferma nel traffico.

Saranno state le nove di sera, stavo rientrando a casa.

Pioveva ed a un certo punto tra le gocce d’acqua e il movimento del tergicristallo, mi è apparso il suo volto agitato.

Indossava il casco,  aveva  accostato lo scooter a ridosso del marciapiede per scendere in fretta e furia ed apparire all’improvviso al mio cospetto.

Ho avuto paura. Volevo scendere dall’auto, ma temevo potesse inseguirmi e farmi del male.

Per fortuna un passante si è avvicinato per capire cosa stesse succedendo.

Ho aperto prontamente il finestrino per chiedere aiuto e questo è bastato ad intimarne la fuga.

“Signorina tutto bene?”, mi chiedeva il tizio, incuriosito da questa strana scena.

Io non riuscivo a rispondergli, avevo come un nodo in gola, lo stesso che rivivo nei miei incubi, ormai ricorrenti, quando vorrei urlare, ma non mi esce voce.

“Signorina, se la stanno importunando deve fare denuncia…”, mi aveva consigliato il soccorritore, probabilmente turbato anche dalla mia agitazione e dal mio vuoto di parole.

Avrei dovuto rispondergli che proprio quella mattina ero stata a Casa d’Arma per sporgere denuncia, ma poi, come al mio solito, non sono andata fino in fondo.

Eppure il giovane carabiniere aveva modi garbati e rassicuranti.

Ho sbagliato ad andarmene.

Piano di Sorrento, 18 ottobre

 

Oggi è una di quelle giornate in cui tutto sembra andare storto.

Sarà anche colpa del brutto tempo, di questa pioggia continua, visto che sono piuttosto meteoropatico.

E´ da un paio d’ore che sono in servizio, ma stamane non riesco a concludere nulla.

Avrei dovuto revisionare già da ieri alcuni documenti, sono ammucchiati qui sulla scrivania, ancora nella loro cartellina. Non ho nemmeno avuto il tempo di aprirla.

A quanto pare, infatti, il maltempo non scoraggia chi ha da venir qui per espormi di tutto di più.

Un vecchietto se ne è appena andato borbottando contro la moglie e contro Casa d’Arma. Ce l’aveva col  mondo intero. Pretendeva di poter sporgere denuncia a un vicino, mentre la consorte lo dissuadeva, visto che il colpevole in questione non faceva altro che annaffiare le piante al piano di sopra lasciando impunemente gocciolare dell’acqua di sotto.

“E’ una questione di rispetto, chiaro? Oggi il rispetto non c’è. Mia moglie non ne ha nei miei confronti, voi carabinieri nemmeno! Che vergogna!”

Prima di lui, invece, una signora dai modi piuttosto altezzosi mi aveva portato un borsello smarrito, lo aveva trovato su una panchina. Era un portafogli a righe contenente due banconote da cinquanta euro, qualche moneta e un cumulo di scontrini. Nessun documento identitario per facilitarne la restituzione.

Giusto il tempo di consegnarmi l’oggetto e si stava già defilando. Alla mia richiesta di fornirmi i suoi dati, si è indispettita.

“Vede cosa succede ad operare bene?  Vado di fretta, ho già aspettato troppo per il turno! E poi mi spieghi: perché le servono i miei dati? Non starà mica pensando che possa aver preso io qualcosa dal borsello?”

“Signora, è la prassi”, le ho ripetuto più volte ed è stata un’impresa convincerla a collaborare per verbalizzare la consegna del borsello.

Adesso, invece, ci sono due vecchiette sedute nella saletta dell’ingresso e non appena vedono l’anziano signore allontanarsi, si alzano entrambe per avvicinarsi alla guardiola.

“Guardi che sono arrivata prima di lei!”, insiste una, ma l’altra non è intenzionata a cedere.

Le nonnine discutono  per il turno d’entrata.

Che gente litigiosa qui in Penisola Sorrentina! Dalle mie parti sono più pacifici.

Ribadisco, oggi non è giornata.

Sto quasi per intervenire tra le due contendenti, quando sento bussare alla porta.

Stamane hanno deciso di venire tutti qui a Casa d’Arma.

Visto che mi sono già alzato, vado ad aprire di persona e … chi mi ritrovo? La ragazza bionda dell’altra volta, la fuggitiva.

“Buongiorno, è tornata finalmente!”, le dico.

“Salve …”

“Venga,  si accomodi”.

Intanto  arriva anche il brigadiere Pasquale Petracchi, di rientro dalla pattuglia. Neanche il tempo di farlo entrare e gli passo con gran piacere il contenzioso delle vecchiette, che nel frattempo hanno continuato a dirsene di tutti i colori.

“Brigadiere, queste due signore devono raccontarle un po’ di cose, veda  cosa hanno da dirle. Io intanto ascolterò di sopra la signorina” e faccio cenno alla ragazza di seguirmi.  Al suo indietreggiare  stavolta la stronco sul nascere: “Venga, non vorrà mica defilarsi di nuovo?”

Scuote il capo e mi segue, mentre Pasquale si avvicina per borbottarmi all’orecchio tutta la sua protesta: “Vedi un po’, eh? Tu alle prese con la bella signorina e io devo sbrigare queste due vecchie!”

“Ssssh, ma che dici? Dopo ti spiego!”

Sorrento, Cinema Armida, 10 novembre

 

La pellicola scorre, ma io sono assente dalla storia.

Sgranocchio i pop corn, sorseggio l’aranciata e continuo a pensare ai fatti miei, incurante della trama del film.

Ogni tanto le amiche mi danno a parlare, commentano le scene più particolari, fanno qualche battutina.

Fingo interesse ai loro discorsi, ma sono presa da tutt’altro.

“Mi raccomando, cerchi di rasserenarsi, tutta questa ansia è dannosa!”, mi ha detto una ventina di giorni fa il carabiniere Marsia,  quando finalmente sono riuscita a sporgere denuncia.

“Ho paura di complicare tutto”, gli ho detto più volte, prima di decidermi.

“E quindi cosa spera di ottenere con il silenzio? Mi ascolti, esiste il rischio che ci possa essere una reazione dall’altro lato, è chiaro. Ma ci sono anche buone probabilità che di fronte a un atto deciso come una denuncia, le acque si calmino. Se poi non si dovessero calmare, provvederemo noi a tutelare la sua incolumità”.

Sono rimasta per un po’ in silenzio a rielaborare questi concetti.

“E come mi proteggerete? Non potrete certo scortarmi 24 ore su 24?”

“Di questo non si preoccupi, sarà nostro pensiero. Adesso, però, mi dia le sue generalità.”

Tra un dubbio e l’altro, alla fine gli ho fornito i miei dati.

“Mi chiamo Michela Baldini …”

L’agente si è annotato tutte le informazioni e quando gli ho rivelato il mio anno di nascita, mi ha guardata incredulo:

“Davvero? Pensavo non avesse più di venticinque anni!”

Con questo mio atteggiamento gli avrò dato l’impressione della ragazzina indecisa e maldestra.

Di anni, invece, ne ho ben trentasette, ma a quest’età mi sento ancora insicura. Ed è stata proprio la mia insicurezza a permettere a Barbara di avvicinarsi a me in modo sempre più invasivo.

Un’amica  comune ci aveva presentate un paio d’anni fa.

Ho compreso da subito il suo atteggiamento troppo spavaldo, ma ho ceduto comunque alle lusinghe che mi elargiva.

Sarà che mi ero anche lasciata da poco con Gianni, il mio fidanzato storico. Avevo bisogno di nuove amicizie per creare più occasioni di uscita, per distrarmi.

Barbara, poi, con tutti quegli apprezzamenti, faceva lievitare la mia debole autostima.

“Sei proprio una bella persona”, mi diceva.

Insomma, mi son ritrovata a frequentarla spesso, senza quasi rendermene conto.

Dopo qualche mese avevo realizzato quanto fosse malsana questa relazione, alimentata da una sua eccessiva emulazione nei miei confronti e da continui messaggi e telefonate, per i quali pretendeva sempre risposta.

A poco alla volta si era aggrappata a me, come se fossi la garanzia di sopravvivenza a tutti i suoi malesseri.

Appena tentavo di svincolarmi da questa morsa, lei si poneva come vittima infelice, mi elencava tutti i suoi guai per impietosirmi e tenermi in qualche modo  legata a sé.

Queste tattiche mi erano chiare, ma non riuscivo a liberarmi dal  mio “spirito da crocerossina”.

Le cose son precipitate quando quest’estate ha iniziato a frequentare il mio ex. Sì, usciva con il mio fidanzato storico, Gianni.

“Non ti dà fastidio, vero?”, mi aveva chiesto.

Di fastidio me ne dava, eccome, ma non l’ho ammesso. Nemmeno con me stessa.

Ho pensato, però, che vedendosi spesso con lui, magari si sarebbe distanziata da me.

Invece non è stato così.

Tutti quei messaggi che mi inviava a qualsiasi ora cominciavano ad innervosirmi.

“Non hai letto i miei messaggi? Ti ho mandato anche un vocale, lo hai ascoltato? E dai, perché non mi rispondi? Rispondimi! Lo so che sei a casa oggi, sei sotto controllo!”

Scriveva così quando non riuscivo a essere solerte nel farmi sentire.  Quando davo priorità al lavoro, agli impegni, alla mia vita.

“E dai, perché non mi rispondi?”

Un’esortazione.

“Rispondimi!”

Un ordine.

“Sei sotto controllo!”

Una minaccia.

La sua frequentazione con Gianni sarà durata qualche settimana, alla fine lui l’ha mandata a quel paese.

Si sarà reso conto delle sue paranoie.

Chissà, forse avrà intuito anche della sua ossessione nei miei confronti.

Si era persino tinta i capelli per emularmi. Un giorno me la son ritrovata bionda, come me, a dispetto della sua bella chioma nera.

“Sei sotto controllo”.

Continuava a scrivermi.

Qualche settimana fa, ho iniziato ad avere davvero paura di questo atteggiamento così morboso.

Temevo la sua smania nei miei confronti potesse degenerare in chissà cosa. Si sentono tante storie folli  su persone apparentemente normali, ma in realtà instabili.

E Barbara rientra appieno in questa tipologia.

Ho provato ad allontanarmi gradualmente, ma più le sfuggivo, più lei mi inseguiva.

“Rispondimi, sei sotto controllo!”

“Scusami, oggi è una giornataccia. Ho davvero tante cose da fare. Ci sentiamo nei prossimi giorni”, le scrivevo, cercando con tutto il garbo possibile di sfuggirle senza ferirla troppo.

In fondo provavo compassione per lei, per le ansie e le paure da cui si sentiva oppressa.

I suoi problemi comportamentali erano in parte la conseguenza della perdita della madre in tenera età.

Forse voleva colmare questo vuoto dell’affetto materno cercando rifugio nella mia amicizia.

Amicizia? O magari voleva ben altro da me?

Ho pensato anche questo!

Quando mi sono resa conto di dover necessariamente fare un passo indietro, era già tardi.

Il mio senso di compassione le aveva consentito di trasmettermi tutto il suo malessere.

Non solo non ero in grado di aiutarla, ma più restavo vincolata a lei, più capitolavo io.

Barbara si era ostinata, non voleva in nessun modo rinunciare alla mia amicizia.

“Michela, mi stai evitando”, scriveva.

Telefonava di continuo, ma io lasciavo squillare il cellulare.

Ho iniziato ad essere dura, ad evitarla con fermezza.

Speravo se ne facesse una ragione prima o poi.

Invece andava sempre peggio.

“Sei sotto controllo”.

Mi perseguitava nel vero senso del termine.

Sapeva tutti i miei spostamenti.

Ero davvero sotto controllo.

Ho iniziato a convivere con un forte senso di ansia.

Temevo potesse farmi del male.

“Barbara? Una donna?”, il carabiniere Marsia si era sorpreso non poco del fatto che il destinatario della mia denuncia fosse una donna.

Aveva intuito si trattasse di un caso di stalker, ma pensava che ad infastidirmi fosse un uomo.

Invece è una lei!

So di aver fatto la cosa giusta, ma da quando l’ho denunciata, temo una sua aggressione.

Da Casa d’Arma hanno prontamente comunicato la mia querela alla Procura.

A Barbara  è stata notificata l’ordinanza con il divieto di avvicinarsi a me.

Non potrà nemmeno telefonarmi o messaggiarmi.

Finora non si è  fatta viva, spero si sia intimorita e non mi cerchi più.

Chissà se posso già parlare di un lieto fine della storia.

Intanto di lieto fine c’è quello del film, almeno così sembra dalle facce sorridenti dei personaggi.

I titoli di coda dello schermo  scorrono insieme al sottofondo musicale, le luci si accendono.

Stiamo per lasciare la sala, quando tra la folla di persone appare anche Barbara.

E’ a pochi metri da me. Mi irrigidisco, le gambe si bloccano, non riesco più a camminare.

“Michela, tutto bene?”, mi chiedono le ragazze.

“Sì, tutto ok”

E’ stata solo una svista.

L’ennesima.

Mi sembra di vederla ovunque.

Come se l’idea di aver risolto tutto sia troppo bella per essere vera.

Continuo a sognarla, a sobbalzare ad ogni notifica di messaggio e a ritrovarmela nei volti di ogni passante.

Una cosa è certa, però.

Se prima è stata in grado di impietosirmi, al punto da averle consentito questa ingerenza nei miei confronti, adesso provo solo una gran voglia di rimuoverla dalla mente e resettare tutto.

Casa d’Arma, Piano di Sorrento, 30 novembre

 

E´ pomeriggio inoltrato, ma avverto ancora la stanchezza della notte trascorsa in pattuglia.

Ho preso servizio nell’Arma da diversi mesi, eppure non riesco ad abituarmi a questi orari lavorativi sempre diversi.

Quando poi ho il turno di notte, il giorno dopo faccio sempre fatica a recuperare.

Stavo riposando sul divano, quando ho ricordato di dover portare dei documenti al brigadiere, così  eccomi di nuovo a Casa d’Arma, anche nel mio pomeriggio libero.

In guardiola c’è Pasquale, assorto tra le carte.

“Marsia, com’è andata a finire poi per quel caso di Michela Baldini?”, esclama appena mi vede entrare.

“Brigadiere, sembra si sia risolto bene. La tipa non l’ha più infastidita.”

“Bene, meno male.”

“Come mai le è venuto in mente questo caso?”, gli chiedo.

“Sto sistemando un po’ di scartoffie e mi son trovato tra le mani il verbale della ragazza.”

“Ah, ecco. A proposito di scartoffie, le ho portato il plico.”

“Bravo, te lo stavo giusto per chiedere.”

“Fa strano pensare a un caso di stalking tra donne, vero?”, aggiungo mentre gli consegno i documenti.

“Sei arruolato da poco. Di casi di stalking ce ne sono in quantità e di tutti i tipi. Di situazioni strane ne vedrai tante! Col tempo ti renderai conto di quanta follia ci circonda!”

Già. Follia.

Ai deliri ed alle stravaganze umane non c’è limite, ma sorprendono sempre.

Dietro ogni follia, dietro ogni cattiveria credo si nasconda però un gran carico di sofferenza.

Quando la stalker di Michela, Barbara, ha appreso dell’ordinanza, è impallidita e ha iniziato a balbettare.

Sono stato io a comunicarle il tutto.

L’ho convocata in caserma e già quando si è presentata era visibilmente agitata.

E´ come se attraverso l’ufficialità della querela si fosse concretamente resa conto del suo delirio, di quanto la situazione le fosse fuggita di mano. Forse avrà realizzato in un sol colpo tutte le sue fragilità.

Fatto sta che nonostante le paure di Michela, la sua impavida stalker  è uscita di scena e non l’ha più importunata.

Insomma sembra sia finita bene… ma ripensare al volto disorientato di Barbara mi procura tristezza.

Sapevo non sarebbe stato facile.

Ai turni di notte ci si abitua, prima o poi, alla sofferenza della gente, no.

Mariaelena Castellano