All’Età neolitica segue la cosiddetta età dei metalli, che va all’incirca dal 4000 a.C al V secolo a.C.
In questo periodo, oltre alla scoperta della lavorazione dei metalli, si registra il passaggio dalla preistoria alla storia, avvenuto grazie alla fondamentale scoperta della scrittura.
Nel lasciarsi alle spalle l’Età della pietra, l’uomo si apre a nuove forme evolutive, riscontrabili in una più organizzata gestione del territorio, nonché nella formazione di nuove urbanizzazioni e stratificazioni sociali. Nascono, poi, le specializzazioni delle funzioni lavorative, con la conseguente creazione delle prime “figure professionali”: si delineano così i mestieri dell’agricoltore, dell’allevatore e dell’artigiano.
Alle abitazioni rudimentali messe a punto con la nascita dei primi villaggi mesolitici, si erano poi aggiunti, sul finire del Neolitico,quelli che possono considerarsi i primi monumenti della storia: le cosiddette architetture megalitiche, dal greco mèga, grande, e lithos, pietra.
Si tratta di colossali costruzioni in pietra grezza o appena sbozzata, finalizzate in gran parte al culto, che nell’Età dei Metalli raggiungono l’apice della diffusione, specie tra le regioni nord-occidentali dell’Europa e quelle del bacino mediterraneo.
Tra i tipi di megaliti più diffusi, si ricordano i menhìr (dal bretone men, pietra, e hir, lunga), costituiti da una pietra conficcata nel terreno, di forma troncoconica o parallelepipeda. Sono alti mediamente dai 2 ai 6 metri, ma in alcuni casi raggiungono altezze più elevate.
I menhìr, diffusi in particolare in Francia e nelle isole britanniche, possono presentarsi isolati oppure disposti in allineamenti rettilinei o circolari.
Spettacolare l’allineamento a Carnac, in Bretagna, di circa 3.000 monoliti, per una lunghezza di oltre un chilometro su più file parallele.
Un’altra tipologia di monumento megalitico è il dòlmen (dal bretone dol, tavola, e men, pietra), basato su un sistema trilitico, in cui una lastra orizzontale poggia su due massi verticali conficcati nel terreno. In origine era ricoperto da un tumulo di terra o pietrame.
Più dòlmen disposti in modo da formare cerchi concentrici creano monumentali strutture, dette cròmlech (dal bretone crom, rotondo, e lech, pietra).
Celebre il complesso di Stonehenge, in Inghilterra, realizzato in tre fasi tra il 3.100 e il 1.500 a.C.
Menzione a parte meritano le architetture dei nuraghi, diffusi soltanto in Sardegna, in particolare tra il III e il II millennio a.C..
Il nuraghe è una costruzione megalitica di forma tronco-conica destinata a varie funzioni: di deposito, di difesa, di riunione e, forse, anche di abitazione. I massi che la costituiscono sono blocchi di pietra squadrati sovrapposti senza l’uso di malta e aggettanti verso l’interno, così da formare una sorta di pseudocupola(*).
Se in questo periodo l’uomo continua a edificare strutture in pietra, può però avvalersi di nuovi materiali metallici per la creazione di utensili e armi.
Dopo la scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento, la metallurgia rappresenta un ulteriore elemento rivoluzionario destinato a trasformare la vita dell’uomo, ovviamente con modalità e tempi diversi, a seconda delle varie realtà geografiche.
La nascita della tecnologia metallica avviene nel Medio Oriente, per poi diffondersi man mano in altri territori. Laddove i luoghi sono poveri di giacimenti metalliferi, i materiali giungono attraverso prime forme di scambi commerciali, da cui poi derivano anche rapporti di natura culturale.
In base al tipo di materiale introdotto, l’età dei metalli si distingue in tre fasi: l’età del rame, l’età del bronzo e l’età del ferro.
L’età del rame, detta anche Eneolitico o Calcolitico, si può collocare tra il 4.000 ed il 3.000 a.C. ca.
In effetti, l’uomo conosceva l’esistenza di alcuni metalli già nel Neolitico quando, per esempio, raccoglieva il rame che trovava lungo i fiumi per costruirvi delle collane o quando si lasciava attrarre dalla lucentezza dell’oro distribuito sulla superficie terrestre.
E’ però con l’introduzione del processo di fusione che si riscontra un significativo progresso evolutivo.
Una volta compreso che il metallo avvicinato al fuoco si scioglie, ne viene messa a punto la tecnica lavorativa: il rame fuso viene inserito in uno stampo in pietra o argilla, di cui assume la forma, per poi essere lasciato raffreddare e indurire.
I vantaggi rispetto all’industria litica sono evidenti: la malleabilità dei metalli consente siano battuti e affilati fino a raggiungere livelli di lamine sottili e taglienti, senza il rischio che si rompano.
Si realizzano, così, asce e pugnali di rame, ma anche oggetti ornamentali in oro, argento e stagno.
Tuttavia, la produzione in pietra continua in modo comunque intenso anche in questa nuova fase. Ciò si spiega per la scarsa disponibilità del rame, ma anche per la sua esigua resistenza all’uso.
Nella successiva età del bronzo (dal 3.000 al 1.200 a.C. ca.) si mette a punto la fusione tra rame e stagno, con la quale si ottiene appunto la lega del bronzo, materiale più duro e resistente rispetto al rame.
L’uomo può dunque produrre asce, medaglie, punte di lance e spade in bronzo.
È in questa fase che sorgono evolute civiltà in Mesopotamia, in Egitto e nelle isole dell’Egeo, di cui ci occuperemo nelle prossime lezioni.
Ai Sumeri , tra i primi ad abitare la regione mesopotamica, spetterebbe l’invenzione di una prima forma di scrittura: un evento di grandiosa importanza per l’umanità, che si diffonderà man mano nelle altre civiltà, con tempi e modalità differenti.
L’Età del ferro prende avvio nel XIII secolo a.C. e, secondo fonti piuttosto attendibili, la lavorazione di questo materiale viene messa a punto dal popolo degli Ittiti, proveniente dall’Anatolia, ovvero dall’attuale Turchia. Essi fondano la grandezza della loro civiltà proprio sull’industria siderurgica: il ferro, infatti, può fondere a temperature molto elevate e ciò consente la produzione di attrezzi agricoli e di armi indistruttibili.
Tuttavia, la diffusione di questo metallo è lenta e inizialmente viene impiegato soltanto per creare piccoli oggetti ornamentali. Le difficoltà derivano dal fatto che gli antichi forni non riescono a raggiungere la necessaria temperatura di fusione.
Solo in un secondo momento, grazie all’introduzione di alcuni trattamenti particolari applicati al processo di riscaldamento, si può passare alla lavorazione su larga scala di attrezzi da lavoro e strumenti bellici.
L’affermazione dell’industria del ferro segna una svolta evolutiva fondamentale, con notevoli riscontri nell’organizzazione sociale ed economica dell’uomo.
Mariaelena Castellano
Per saperne di più...
Monumenti megalitici, tra ipotesi e misteri
La costruzione dei monumenti megalitici richiede un enorme impiego di forza lavoro: un gran numero di persone viene sottratta per tempi molto lunghi alle proprie mansioni e ciò fa ben comprendere l’importanza attribuita a queste architetture.
Il fatto che non siano spazi praticabili induce a pensare a un utilizzo per funzioni di culto, ma le conoscenze a tale proposito non sono ancora ben definite.
Probabilmente, in molti casi si tratta di monumenti di carattere funerario, come attestano alcuni volti incisi sulla pietra. Questa ipotesi è confermata anche dalla loro ricorrente ubicazione in zone distanziate dai centri abitati e in genere destinate alla sepoltura.
Menhìr, dòlmen e cromlech dovevano però assolvere anche ad altri scopi. In particolare, attraverso l’archeoastronomia(*), si rileva un nesso tra gli allineamenti e le disposizioni di questi monumenti con quelli astrali, ragion per cui si è ipotizzata anche una funzione di osservatorio astronomico.
Inoltre, negli ultimi decenni del secolo scorso, sono stati condotti studi relativi alle implicazioni dei megaliti con i campi magnetici del nostro pianeta. Secondo tali ipotesi, le architetture megalitiche sarebbero state costruite per riequilibrare l’energia magnetica della Terra (negativa) e quella solare (positiva) ed evitare così i terremoti, originati da un eccessivo accumulo di energia terrestre; questa viene fatta fuoriuscire attraverso l’enorme pietra conficcata nel terreno, che di contro va assorbendo l’energia solare.
Che si tratti di teorie credibili o di fantasie suggestive, di certo queste strutture dovettero ricoprire un ruolo fondamentale nell’antichità, come attesta la loro vasta diffusione geografica: aree situate a enormi distanze, in tempi privi di comunicazioni, sono accomunate dalla presenza di queste colossali e misteriose costruzioni.
Visitiamo!
Le fasi abitative della Penisola Sorrentina durante l’Età dei Metalli sono documentate in particolare dai ritrovamenti degli scavi condotti a Piano di Sorrento, in località Trinità, e a Sorrento, nella Grotta Nicolucci.
Alcuni reperti emersi dalla necropoli di Trinità consentono la conoscenza della cosiddetta civiltà del Gaudo, riferibile all’Età del Rame. Essa rappresenta gli esiti evolutivi sia culturali che socio-economici legati ai nuovi stimoli positivi, propri della nuova cultura metallica. Il nome deriva dal primitivo stanziamento umano rinvenuto in una località nei pressi di Paestum.
Gli scavi condotti in località Trinità a partire dal 1987, hanno portato alla luce cinque sepolture relative appunto alla cultura del Gaudo. L’area è stata in seguito sottoposta ad ulteriori campagne di scavo, che hanno consentito un fondamentale contributo allo studio archeologico del territorio nelle sue varie fasi abitative, terminanti con l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che ha seppellito l’intero sito. Parte dei reperti rinvenuti sono oggi esposti nel Museo Archeologico di Villa Fondi di Sangro, a Piano di Sorrento.
Il museo, intitolato al celebre archeologo francese George Vallet, conserva collezioni e testimonianze fondamentali per una ricostruzione dell’antica storia del territorio. Altre preziose documentazioni provengono dalla Grotta Nicolucci, conosciuta anche come “Grotta del Tesoro”. La cavità si trova in un costone di calcare sovrastante la parte estrema della città di Sorrento, a circa novanta metri sul livello del mare. Si tratta di un ambiente di pochi metri quadri, con un’entrata di forma semiellittica abbastanza alta, mentre l’interno risulta ribassato a causa dei numerosi scavi.
La grotta era conosciuta sin dall’antichità. Risale al 1885 la campagna di scavo condotta da Riccardo Lorenzoni, insegnante di Viggiano (Potenza), che denominò il sito “Nicolucci” in segno di stima nei confronti di Giustiniano Nicolucci, professore di Antropologia all’Università di Napoli e fondatore del Museo di Antropologia partenopeo, dove sono custoditi una trentina di pezzi portati alla luce da Lorenzoni.
Frammenti di vasi, di industria litica ed ossea, resti faunistici, gioielli ed utensili: sono state rinvenute circa un migliaio di questi oggetti, purtroppo in gran parte non reperibili oggi. Essi rivestono una grande importanza, in quanto consentono di ricostruire il succedersi delle presenze umane nella grotta e rappresentano una significativa attestazione dell’Età del Bronzo media e recente in Penisola Sorrentina.
Si segnala una forcina per capelli, unico oggetto in bronzo emerso nello scavo condotto da Lorenzoni. È formata da un filo curvo più spesso al centro e assottigliato gradualmente ai lati. Gran parte dei ritrovamenti pervenuti riguardano resti di vasellame, come ad esempio la ciotola con ansa a nastro, risalente a una più antica fase dell’Età del Bronzo. Ha impasto rossiccio, superficie lisciata con chiazze scure e un’ansa verticale fortemente sopraelevata.
Un’ulteriore indagine fu condotta all’esterno della grotta, nel 1965, da Antonio Radmilli dell’Istituto di Antropologia dell’Università di Pisa. Gli oggetti emersi – di numero piuttosto esiguo – sono conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
IMPARIAMO I TERMINI
(*) PSEUDOCUPOLA: Costruzione simile alla cupola, formata da blocchi o lastre sovrapposti ad anelli e aggettanti gli uni sugli altri, sostenuti per gravità e non per contrasto come nella cupola vera e propria.
(**) ARCHEOASTRONOMIA: disciplina che combina studi archeologici e studi astronomici, utilizzando le attuali conoscenze astronomiche per interpretare alcuni reperti archeologici ed esaminando antichi documenti che descrivono fenomeni astronomici.
Bibliografia
Per la stesura di questa lezione, oltre alla generale bibliografia di riferimento, inserita nella presentazione della rubrica, sono stati consultati anche i seguenti link:
www.spaziotempo.altervista.org/archeoastronomia
www.osservatoriogalilei.com